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Questo articolo è stato pubblicato il 11 agosto 2014 alle ore 14:17.
L'ultima modifica è del 11 agosto 2014 alle ore 20:15.

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Beatrice Lorenzin (Ansa)Beatrice Lorenzin (Ansa)

Quello a venire potrebbe trasformarsi nell'ennesimo autunno caldo sul fronte bioetico e nell'ennesimo periodo di attesa per migliaia di coppie italiane. A settembre la ministra della Salute Beatrice Lorenzin proporrà un nuovo tavolo sulla fecondazione eterologa per un «approfondimento giuridico», forse anche con la partecipazione della Corte costituzionale. Obiettivo: tentare una via che possa sistemare quei punti che, secondo il Governo, sarebbero stati lasciati in sospeso dalla sentenza di aprile della Consulta. Sempre in attesa di una legge del Parlamento.

Il "no" della Regione Toscana
La decisione trapelata oggi dal dicastero ha il sapore di una risposta temporeggiatrice al muro opposto dalla Regione Toscana (unica ad aver già deliberato in materia), che ha scelto di non cedere allo stop dell'Esecutivo e di continuare a offrire l'eterologa anche ai cittadini non toscani.

Chiamparino (Regioni): «Non c'è fretta»

Uno stop alla Toscana è arrivato anche dal neopresidente della Conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino, che in un'intervista pubblicata sulle pagine locali di Repubblica ha frenato: «Ne discuteremo da settembre in poi, non c'è fretta e non c'è necessità di accelerazioni. Sono convinto che sia necessario un quadro normativo nazionale».

Tesauro: «Nessun vuoto dopo la sentenza»
A surriscaldare gli animi è arrivata la replica del presidente della Corte costituzionale, Giuseppe Tesauro, che ha ribadito pubblicamente in un'intervista al Messaggero come in realtà la sentenza non abbia lasciato alcun vuoto normativo (a parte il numero di donazioni, che potrebbe però essere fissato con le linee guida previste dalla legge 40, mai aggiornate dal 2008).

La nuova spaccatura tra laici e cattolici
Il dietrofront del Governo - che venerdì scorso, su input del premier Matteo Renzi, ha deciso di rimettere al Parlamento la disciplina dell'eterologa rinunciando ad approvare le linee guida messe a punto dai tecnici della Salute - ha comunque riaperto il vaso di Pandora dei veleni che da sempre accompagnano la legge 40. Sin dal giorno in cui il verdetto della Corte costituzionale è stato reso noto, la ferita nel paese e in Parlamento si è riaperta: da un lato quelli che chiedono una legge ad hoc nuova di zecca (era stata la prima reazione della ministra Lorenzin e del suo partito, il Ncd, nonché dei cattolici), dall'altro quanti sono convinti che non ci sia affatto bisogno di un nuovo provvedimento (dall'associazione Luca Coscioni ai laici). Il rischio di un ritorno alle Camere è ovvio: impantanare l'eterologa nel dibattito parlamentare, prolungando sine die l'impossibilità di ricorrervi in Italia.

I centri di fecondazione nel guado
Si fa scomoda, nel frattempo, la situazione dei centri di fecondazione assistita. I pubblici dovranno attendere le misure legislative. E i privati che si erano detti pronti a partire? Per il presidente della Consulta quelli autorizzati potrebbero effettivamente cominciare, a patto che rispettino i paletti fissati dalla legge 40 che la sentenza ha esteso automaticamente all'eterologa: l'accesso alla tecnica è consentito soltanto alle coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi; sono vietati la commercializzazione dei gameti e il disconoscimento del figlio; il donatore o la donatrice restano anonimi. Ma per Lorenzin lo stop vale per tutti. E i Nas, già a partire da settembre, potrebbero essere inviati a verificarne il rispetto.

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