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Questo articolo è stato pubblicato il 16 agosto 2014 alle ore 12:41.
L'ultima modifica è del 16 agosto 2014 alle ore 18:41.

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L'ex presidente della Provincia di Napoli, Luigi CesaroL'ex presidente della Provincia di Napoli, Luigi Cesaro

La giunta per le autorizzazioni del Parlamento non dovrà più pronunciarsi sulla richiesta di arresto avanzata nei confronti di Luigi Cesaro, deputato di Forza Italia ed ex presidente della Provincia di Napoli, accusato di collusioni con il clan dei Casalesi. Il Tribunale del Riesame di Napoli ha, infatti, annullato oggi l'ordinanza di custodia che era stata emessa il 23 luglio scorso con la contestuale trasmissione degli atti alla Camera dei deputati, alla quale sarebbe spettata l'ultima parola per la eventuale esecuzione del provvedimento restrittivo. I giudici hanno condiviso le argomentazioni difensive del legale di Cesaro, l'avvocato Vincenzo Maiello.

L'accusa di concorso esterno e turbativa d'asta
Una decisione che comunque non giunge inattesa, dopo la scarcerazione disposta giovedì scorso di Aniello e Raffaele Cesaro, fratelli del parlamentare e esponenti di una famiglia di imprenditori di Sant'Antimo (Napoli), gravati dalle stesse accuse contestate al politico, ovvero concorso esterno in associazione camorristica e turbativa d'asta. Il provvedimento è stato annullato per carenza di gravi indizi di colpevolezza: i giudici hanno ritenuto deboli gli elementi di accusa rappresentati soprattutto dalle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia. La decisione fa segnare il passo a una inchiesta dai tempi assai dilatati: sono occorsi infatti oltre due anni e mezzo al giudice per le indagini preliminari per esaminare gli atti e decidere sulle richieste di misure cautelari avanzate dai pm della Direzione distrettuale antimafia partenopea.

L'indagine sugli appalti a Caserta
L'indagine riguarda presunte irregolarità in appalti del comune di Lusciano (Caserta), che era ''sotto il controllo'' della fazione Bidognetti del clan dei Casalesi. Dall'inchiesta sarebbero emersi rapporti tra Cesaro e la potente organizzazione camorristica attiva nel Casertano. I fatti risalgono 2004 e si riferiscono in particolare a due gare di appalto bandite dal Comune di Lusciano: la costruzione del Pip, area del Piano insediamenti produttivi, e la realizzazione di un impianto sportivo. I fratelli Cesaro, secondo la ricostruzione dell'accusa, avrebbero estromesso un concorrente facendo sapere al gruppo camorristico dei Bidognetti di essere disponibili a versare al clan una tangente di importo superiore rispetto a quella proposta dall'altro imprenditore.

Le rivelazioni dei pentiti
I retroscena sulle gare d'appalto furono rivelati ai magistrati della Dda dai pentiti Luigi Guida, per anni braccio destro del boss Francesco Bidognetti, e Gaetano Vassallo, imprenditore legato al clan.

Cesaro: incubo finito
«È finito un incubo, sono stati anni terribili», ha commentato Cesaro. «Sono sempre stato sereno e ho sempre avuto fiducia nella magistratura - ha aggiunto - quando me l'hanno detto al telefono mi sono commosso». L'avvocato Maiello parla di «vicenda turbata dalle pressioni e dai condizionamenti alimentati dal circuito mediatico». «I giudici del riesame - ha detto il penalista - hanno offerto una lezione di indipendenza e imparzialità riconoscendo la fondatezza delle ragioni di innocenza dell'onorevole Luigi Cesaro, oscurate da accuse contrarie alla verità e al diritto». S

Brunetta: schiaffo ai giustizialisti
Soddisfazione è stata espressa anche da numerosi esponenti politici di Forza Italia, in particolare da Renato Brunetta, presidente dei deputati di FI: «Questa ordinanza è lo schiaffo più sonoro che i colleghi giustizialisti possano incassare. Magari li indurrà tutti ad essere più cauti nei giudizi e nelle valutazioni. A Luigi Cesaro le mie felicitazioni per il trionfare di una verità che noi sapevamo dovesse prevalere».

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