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L'inchiesta / Manifattura al bivio

23 luglio 2014

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Impresa & Territori IndustriaSfida hi-tech per l'illuminazione

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Sfida hi-tech per l'illuminazione

Mancano all'appello ancora 146 milioni di euro per tornare ai livelli pre-crisi. Ma i volumi di esportazione del comparto illuminazione hanno progressivamente recuperato terreno dal 2009 in avanti (raggiungendo quota 1,4 miliardi) e anche i primi tre mesi dell'anno fanno registrare un incoraggiante +7%. «E deve continuare così – afferma Stefano Bordone, titolare di Kundalini e da poche settimane nuovo presidente di Assoluce, l'associazione che riunisce le aziende del settore – perché dall'Italia non arrivano segnali veri di ripresa». Le aziende qui devono affrontare ostacoli di ogni genere: dalla mancanza di domanda a un affollamento del mercato, sino ai problemi di una distribuzione nel pieno di un cambio generazionale che ancora non ha dato vita a un modello efficace e al passo con i tempi. «Vedo ancora troppi rivenditori abituati ad aspettare i clienti nei negozi. Ma non è più così – spiega Bordone –: oggi i clienti bisogna andarli a cercare. Bisogna accelerare sull'ecommerce, investire in promozione e marketing, strutturare la rete vendita con idee innovative».

Ma in un momento in cui la domanda langue, le idee – per quanto innovative – non bastano. Per fortuna dal governo arrivano segnali che fanno ben sperare, aggiunge il nuovo presidente di Assoluce, quantomeno in una nuova attenzione al settore. È il caso della modifica della normativa che esonera le aziende dal pagamento del contributo Raee per lo smaltimento di lampadari per lampade fluorescenti provenienti dalle abitazioni. «Parliamo di poche migliaia di euro risparmiate per ogni azienda – precisa Bordone – ma è comunque importante che la politica dimostri di comprendere le nostre difficoltà».
La partita, però, è tutta oltreconfine. Con una quota export sempre maggiore (al 67,8% nel 2013, il 3,8% in più del 2012) il settore illuminazione si conferma quello più vocato all'internazionalizzazione di tutto il sistema arredo. Non sarà un caso che, mentre l'intero comparto ha chiuso il 2013 ancora in perdita (-2,5%), le aziende della luce hanno almeno tenuto le proprie posizioni, con un fatturato di 2,1 miliardi (+0,3%). «Il limite del nostro comparto sono le dimensioni delle aziende, molto piccole – precisa Bordone –. Perciò il ruolo della nostra associazione e dell'Ice deve essere di sostegno alle imprese, perché è facile vendere i nostri prodotti in Francia o Germania, che del resto sono i nostri principali partner. Ma altra cosa è affrontare mercati come Stati Uniti o Cina».

Non è soltanto un problema di strategia distributiva o di promozione e posizionamento dei marchi, come accade anche per altri settori. Per chi produce apparecchi di illuminazione esistono difficoltà di natura tecnologica (si pensi solo alle centinaia di fonti di alimentazione e ai voltaggi differenti da paese a paese, che si riflettono inevitabilmente anche nella progettazione o nella scelta dei prodotti da esportare) e burocratica, come le tante certificazioni richieste per gli apparecchi, soprattutto nel comparto dell'illuminotecnica. «Su questo fronte siamo penalizzati dall'assenza di controlli a livello europeo – dice il presidente di Assoluce –. I produttori non europei, per vendere nella Ue, devono semplicemente compilare un'autocertificazione e poi spesso i controlli non vengono nemmeno fatti. Controlli che invece noi dobbiamo affrontare anche in maniera preventiva quando vogliamo vendere fuori dai confini europei, in particolare negli Usa. Per questo chiediamo che anche l'Europa si adegui e alzi il livello dei controlli. Sappiamo che le certificazioni implicano costi aggiuntivi, ma sono anche una garanzia, di qualità per i consumatori e di protezione dalla concorrenza sleale per noi produttori».

Dal canto loro, le aziende dell'illuminazione hanno davanti la sfida importantissima dei Led: «Una rivoluzione iniziata ormai qualche anno fa – precisa Bordone – e ancora in corso. Perché queste nuove fonti di luce hanno aperto potenzialità un tempo impensabili sul fronte progettuale, obbligando produttori e designer a ripensare l'approccio agli apparecchi». Fino a poco tempo fa una lampada era come un abito che vestiva una lampadina. Facendo peraltro attenzione a non bruciarsi o rovinarsi con il tempo. Oggi i Led comportano molti meno vincoli, nella scelta dei materiali, delle forme o delle dimensioni. Ma aprono il problema di cosa fare con i vecchi modelli, i grandi classici del made in Italy, che talora mal si adattano alle nuove sorgenti luminose.

In ogni caso, il percorso presenta più chance che ostacoli. A maggior ragione nella competizione internazionale dove, assicura Bordone, «il made in Italy è un marchio che fa ancora la differenza e che per questo va valorizzato a nostro favore a livello di sistema. Sia per il settore delle lampade decorative, sia per quello dell'illuminazione tecnica o architetturale, che deve affrontare competitor come i tedeschi o i belgi». Uno dei canali che si stanno rivelando più efficaci nella penetrazione dei mercati esteri è quello del contract: «è quello che sostiene tutto – assicura Bordone –. Ormai si contano sulle dita di una mano i clienti che entrano in negozio e ordinano una lampada. Il grosso del business è fatto su progettazione», intesa sia come grandi forniture per ristoranti, negozi, alberghi, musei ecc., sia come lavori su commissione "chiavi in mano" per residenze private. E le richieste in questo campo stanno crescendo rapidamente, soprattutto in aree come le repubbliche ex-sovietiche, la Turchia, il Medio Oriente.

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