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L'inchiesta / Manifattura al bivio

23 luglio 2014

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Impresa & Territori IndustriaLa chimica rivede la crescita

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La chimica rivede la crescita

I compiti a casa il settore li ha fatti. È anche per questo che le inefficienze del sistema Paese bruciano sulla pelle delle imprese della chimica. E bruciano tanto. Del resto a leggere l'analisi sulla situazione e le prospettive dell'industria chimica per il 2014 elaborata da Federchimica, emergono chiari i segnali positivi di un ritorno alla crescita dopo tre anni di contrazione, ma anche il rischio di scontrarsi e infrangersi non solo contro una debole congiuntura, ma anche e soprattutto contro piccole e grandi inefficienze che finiscono per pesare come zavorre ingestibili.

«La possibilità di una solida ripresa per la chimica in Italia – afferma il presidente di Federchimica, Cesare Puccioni – passa necessariamente anche dal miglioramento dei fattori competitivi di contesto esterno, il cosiddetto sistema Paese». Alcuni ambiti «che risultano fortemente penalizzanti per tutta l'industria – aggiunge Puccioni – lo sono in particolare per quella chimica: il costo dell'energia elevato rispetto ai principali concorrenti; le inefficienze della logistica; la complessità delle normative sull'ambiente e la loro disomogeneità rispetto al resto dell'Europa».

Piccoli e grandi nei insomma, che stridono con l'impegno «delle imprese chimiche sia per orientamento all'innovazione, sia all'internazionalizzazione» il cui risultato è visibile «dati alla mano. L'export, in particolare quello della chimica fine e delle specialità – precisa Puccioni – si rafforza; le sofferenze bancarie nel nostro settore sono le più basse tra i settori industriali; non ci sono segnali di crisi strutturale a livello di settore». Il tutto sta permettendo alle imprese della chimica di «resistere meglio alla crisi». I numeri sono eloquenti: l'incidenza delle sofferenze sui prestiti bancari non va oltre il 5,6% (contro una media del 18%) e fra i fattori che meglio mostrano la capacità della chimica di affrontare questo momento ci sono la forte apertura all'estero (con il 54% del totale la chimica, dopo la farmaceutica, è il settore con la più elevata quota di imprese esportatrici), la spinta sulle attività di ricerca (lo fanno 800 aziende in Italia), la capacità di fare sinergia e massa critica (le imprese facenti parte dei gruppi nella chimica sono il 35% rispetto al 7% della media industriale).

Attenzione però, perché «ciò – precisa il presidente di Federchimica – non significa che le imprese non stiano soffrendo: la ripresa stenta ad arrivare, i problemi di solvibilità dei clienti si ripercuotono sulle nostre imprese e la redditività è molto bassa».
Certo è che il dato di partenza dell'analisi di Federchimica sta senz'altro nel ritorno al segno più per questo settore da oltre 52 miliardi di euro di valore della produzione nel 2013. Dopo il -1,8% (a volume) registrato lo scorso anno, per il 2014 è attesa una crescita dell'1,6 per cento. Un incremento, dunque, che non recupera la perdita del 2013 e che tantomeno riesce a riportare le lancette al periodo pre-crisi, visto che i livelli produttivi rimarranno di oltre il 15% inferiori al 2007. Ma si tratta comunque di un miglioramento da sottolineare anche perché se è vero che la chimica è il primo fornitore delle eccellenze del made in Italy, un aumento della produzione vorrà pur significare qualcosa per lo stato di ripresa del manifatturiero.

Nel 2015 la risalita dovrebbe anche assumere maggiore consistenza (+2%) e alla base del miglioramento Federchimica pone un'ipotesi di «tenuta della ripresa europea e di lento avvio di quella italiana a partire dal 2015. Dovrebbero consentire tale scenario le misure straordinarie di politica monetaria della Bce, un cambio meno sfavorevole, la graduale riattivazione del credito, significativi progressi nelle riforme e l'assenza di ulteriori manovre restrittive». A ogni modo, il +1,6% atteso per fine 2014 risente anche di un rallentamento nei mesi centrali dell'anno. Le motivazioni sono intuibili. Come si legge nell'analisi di Federchimica, «i primi spunti di crescita della domanda interna di chimica (+0,5% in volume nei primi 5 mesi dell'anno) – ancora modesti e frammentati – si mostrano molto sensibili a mutamenti di clima di fiducia in un contesto di vincoli di liquidità ancora diffusi nella clientela. Di conseguenza, la stasi dell'industria manifatturiera a valle si è tradotta in una frenata degli acquisti di chimica». E qui si arriva a uno dei punti chiave. L'andamento dei settori clienti a valle è a macchia di leopardo. Questo, a sua volta, condiziona i settori e le produzioni chimiche a monte. Il risultato è un mercato interno che non tira come dovrebbe – anche se per il 2014 i volumi della domanda interna sono attesi in aumento dello 0,7% – a fronte di un export cui sempre di più appaiono legate le speranze di crescita.

Nello specifico delle vendite all'estero, i primi cinque mesi del 2014 hanno registrato un calo in valore della chimica di base (-1,5%) contro una buona crescita delle esportazioni (+3,2%, dopo il +3,7% dello scorso anno) per la chimica fine e specialistica. E su questo fronte l'Italia è il Paese europeo con la migliore performance dal 2010 (+26%). In generale il +0,6% dell'export a gennaio-maggio risulta dal -2,2% delle vendite sui mercati extraeuropei e dal +2,4% su quello europeo, mentre a fine 2014 le esportazioni (in questo caso però in volume) dovrebbero crescere del 3 per cento, anche grazie a una domanda mondiale di chimica prevista in espansione a tassi prossimi al 4% nel 2014-2015.

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