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Questo articolo è stato pubblicato il 20 agosto 2014 alle ore 16:06.
L'ultima modifica è del 20 agosto 2014 alle ore 16:24.

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«È il momento di lasciare in pace i pensionati, che hanno perso il 30% del potere d'acquisto negli ultimi 15 anni, grazie alle manovre dei vari governi». Così il segretario generale Spi Cgil, Carla Cantone, che scandisce: «Non sono d'accordo a intervenire sulle retributive». In caso contrario, minaccia «ci mobiliteremo, la pazienza è finita». «Finora i pensionati sono stati sempre considerati un bancomat», sottolinea Cantone. E ancora: «Se il governo necessita di risorse deve decidersi una volta per tutte a redistribuire la ricchezza», prendendo «dai redditi alti, quelli d'oro e non solo quelli da pensione, ma tutti i redditi»

L'ipotesi di una stretta sulle pensioni d'oro
Continua perciò la mobilitazione contro l'ipotesi di una nuova stretta sulle pensioni d'oro e d'argento, accolta da un coro di critiche da parte dei sindacati e dalle forze politiche, con il "no" di sinistra Pd e Fi. In vista della legge di stabilità di metà ottobre, sono essenzialmente tre le misure su cui i tecnici del governo stanno ragionando, e poggiano su un nuovo contributo di solidarietà - nell'ambito della spending review si era ipotizzato di fissare l'asticella tra i 3,5 e 4mila euro netti per recuperare risorse da redistribuire nel sistema previdenziale e per rendere più flessibili le soglie per il pensionamento -, nonché sul ricalcolo dei trattamenti pensionistici percepiti con il sistema retributivo assoggettando ad un contributo la quota eccedente rispetto a quella che si sarebbe maturata con l'attuale sistema contributivo. Infine sul piatto c'è anche la proposta dell'ex ministro Giovannini di un prestito pensionistico per favorire l'uscita dei lavoratori vicini alla pensione che poi dovranno restituire le somme anticipate.

Brunetta: follia pensare di toccare pensioni più alte
Contro l'ipotesi di intervenire sulle pensioni più alte torna a tuonare il presidente dei deputati di Forza Italia alla Camera Renato Brunetta: «È una follia - dichiara - che provoca incertezza e apprensioni». E aggiunge: «C'è già stata una riforma molto dura, la riforma Fornero, che ha prodotto anche tanti guasti. Contributo di solidarietà vuol dire una tassa su chi è in pensione e non può difendersi».

Damiano: no a prelievo sotto 5mila euro
Ma i malumori sono forti anche in casa Pd. «Noi stiamo tranquilli solo se fino a 5 mila euro netti mensili, sommando pensioni e vitalizi percepiti, non si prevede alcun prelievo. Fermo restando che, al di sopra di quella soglia, un contributo di solidarietà già esiste». A dirlo è Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro della Camera, a proposito delle ipotesi di un contributo di solidarietà sostenute da vari esponenti del governo. «Mettere in allarme quindici milioni di pensionati che hanno soltanto la colpa di essere andati in pensione con il calcolo retributivo - sottolinea Damiano - è semplicemente una follia».

Cgil, Cil e Uil: Renzi smentisca stop salari Pa o autunno incandescente
Ma non c'è solo il dossier pensioni. Nel dibattito agostano in vista della legge di stabilità irrompe anche lo spinoso tema del contratto dei dipendenti pubblici, già al centro di polemiche alla presentazione del Def e successivamente nei primi incontri tra sindacati e ministro madia sulla riforma della pubblica amministrazione. Sul fronte sinsacale, infatti, va registrata la presa di posizione comune di Cgil, Cisl e Uil contro le ipotesi di stampa circolate oggi di una nuova proroga per altri due anni del blocco degli stipendi degli statali. «Intervenire sul salario dei dipendenti pubblici è un errore madornale» scrivono i sindacati del pubblico impiego di Cgil, Cisl e Uil, che chiedono «una smentita da parte del presidente Renzi e della ministra Madia». Altrimenti ci sarà una «reazione fortissima» e «la ripresa dei lavori» avverrà «in un clima incandescente».

Il blocco della contrattazione per i dipendenti pubblici è stato introdotto nel 2009 da Berlusconi e Tremonti e confermato dai governi Monti e Letta fino a tutto il 2014 estendendo il blocco del turnover al 2018. «Continuare a pensare che si possa eternamente intervenire sul salario dei dipendenti pubblici - avvertono i sindacati - e sul loro diritto al rinnovo del contratto nazionale è un errore madornale; una ricetta, non solo ormai improponibile sotto il profilo della giustizia sociale, ma anche inutile per il governo dei conti pubblici».

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