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Questo articolo è stato pubblicato il 07 settembre 2014 alle ore 08:11.

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GUSSAGO (BS)
Lontano dai salotti e dalle discussioni accademiche, vicino alla gente che lavora e che crea lavoro. Detto fatto. Matteo Renzi aveva fatto trapelare che, al contrario di quasi tutti i suoi predecessori a Palazzo Chigi, non si sarebbe fatto vedere a Cernobbio per l'appuntamento annuale del Workshop Ambrosetti. Di contro si è fatto vedere, e sentire, all'inaugurazione del nuovo stabilimento delle Rubinetterie Bresciane del gruppo Bonomi, a Gussago, a un centinaio di chilometri da Cernobbio e dal "gotha" dell'economia. «Voi mi chiedete perché sono qui alle Rubinetterie Bresciane e non sono andato a Cernobbio – risponde ai cronisti –. Se l'Italia è quella che è, è perché donne e uomini delle piccole e medie imprese, che spesso sono diventate grandi, si sono spaccati la schiena».
La visita di Renzi, che al suo arrivo ha voluto stringere la mano ad alcuni poliziotti in servizio perché per loro «non è un momento buono», dura un paio d'ore. Con il premier c'è il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, e accanto a loro il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi. Una scelta precisa questa visita nella Lombardia produttiva, che viene dopo quelle per l'inaugurazione dell'A35 Brebemi a luglio e per l'Expo ad agosto, volta a stringere i rapporti con gli imprenditori del Nord e chiedere loro di condividere la fiducia per il futuro. «C'è l'opportunità di essere di fronte a un'azienda di oltre cent'anni che continua ad investire, che apre un nuovo stabilimento e crea posti di lavoro. Un'azienda di una famiglia italiana che ha voglia di continuare a credere nel domani e paga le tasse in Italia. È assolutamente doveroso da parte mia, del governo e del ministro Poletti essere qua». Il nuovo stabilimento, come spiegano al premier guidandolo in un tour fra i reparti i padroni di casa, Aldo e Carlo Bonomi, misura 100mila metri quadrati, impiega oltre 200 persone ed è in grado di produrre ogni giorno 60mila valvole, 30mila raccordi, 200mila particolari da plurimandrino e 40 tonnellate di particolari stampati. Poche chiacchiere, insomma. Ci sono appunto due Italie – sottolinea poi Renzi parlando alla platea di imprenditori – quella di chi fa le cose e quella di chi chiacchiera: «L'Italia degli ottimisti e l'Italia dei pessimisti, l'Italia che ci crede e l'Italia che non ci crede. Io dico che c'è l'Italia di quelli che ci provano e c'è l'Italia dei gufi. Mi dicono che non devo offendere i gufi, e allora smetterò di utilizzare questo paragone». Di certo, incalza, «L'Italia non è finita» e ce la può fare lottando contro la rassegnazione e le resistenze «di quelli che da 30 anni occupano gli stessi posti e adesso ci dicono che l'Italia non ce la fa».

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