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Questo articolo è stato pubblicato il 15 settembre 2014 alle ore 08:10.

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Povertà, disoccupazione, esclusione sociale, scarsi investimenti in istruzione, salute, lavoro ritraggono un'Europa che pensando quasi esclusivamente alla stabilità economica si sta dimenticando della giustizia sociale. Secondo il think tank tedesco Bertelsmann Stiftung, che pubblica oggi un'analisi comparativa della situazione sociale in Ue, particolarmente preoccupanti sono i dati che riguardano l'Italia che, in fatto di assicurare eque opportunità di vita, di formazione, di lavoro, arriva solo al ventitreesimo posto sui ventotto paesi, pari alla Lettonia e sotto la media europea.

Lo squilibrio tra i paesi del Nord e quelli del Sud è sempre più evidente nel nostro continente: mentre la Svezia, la Finlandia, la Danimarca e l'Olanda registrano ancora un alto livello di inclusione sociale, nei paesi più colpiti dalla crisi come Grecia, Spagna, Italia e Ungheria l'ingiustizia sociale in questi anni è fortemente aumentata. La ricerca, che prende in esame gli anni tra il 2007 e 2013, mostra che dal punto di vista della stabilità economica i paesi europei hanno compiuto qualche progresso ma riguardo all'equità sociale sembrano quasi tutti in declino. Gli unici ad aver tenuto sono la Germania, la Polonia e il Lussemburgo. Forte la distanza tra le generazioni: a far le spese con l'ingiustizia sociale sono in particolare i giovani, che risultano più colpiti rispetto a chi è un po' più avanti con l'età. «Il divario sociale crescente tra Stati membri e tra le generazioni può portare a tensioni e a una notevole perdita di fiducia. Qualora lo squilibrio sociale duri a lungo o aumenti ancora di più, il futuro del progetto d'integrazione europea potrebbe essere minacciato» avverte Jorg Drager, del Consiglio di amministrazione di Bertelsmann Stiftung.

Il 28 % dei bambini e dei ragazzi europei vive sotto la minaccia di povertà o esclusione sociale. Nel 2013 in Italia le persone che erano a rischio povertà costituivano il 28.4%, i bambini il 31.9%. Sempre nel nostro paese, tra il 2007 e il 2013, il numero delle persone private dei beni essenziali è quasi raddoppiato: dal 6.8% è arrivato al 12.4 %.

Disarmante oltre al basso livello occupazionale generale è l'alto tasso di disoccupazione giovanile 40% ma, secondo gli autori, ancor più allarmante è il forte numero di ragazzi italiani tra i venti e i ventiquattro anni che non lavorano né si stanno formando o studiando, esattamente uno su tre, il 32%, dei ragazzi. L'Italia in questo caso è in ultima posizione: un terzo dei giovani italiani rischia di rimanere permanentemente fuori dal mercato del lavoro.

Un barlume di speranza potrebbe esser però rappresentato secondo l'analisi dalle pari opportunità nell'istruzione: le condizioni sociali di provenienza del singolo ragazzo condizionano solo lievemente il successo accademico. L'Italia in questo caso raggiunge il quarto posto in Europa.

La giustizia sociale deve tornare al centro dell'agenda Ue: la stabilità economica da sola non garantisce la sicurezza sociale. Come nel caso dell'Irlanda che nella comparazione appare con lo stesso livello dei GDP della Svezia ma si colloca solo al diciottesimo posto rispetto al paese scandinavo che occupa invece la prima posizione per l'equità sociale. «Investire in opportunità di partecipazione – conclude Jorg Drager del think tank tedesco- non è solo utile per motivi di giustizia sociale. È anche necessario ai fini del potenziale innovativo di un paese. Oltre alla competitività e la stabilità economica, il principio guida delle pari opportunità deve quindi essere più chiaramente ancorato all'Ue e ai suoi Stati membri in futuro».

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