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Questo articolo è stato pubblicato il 17 settembre 2014 alle ore 16:33.
L'ultima modifica è del 17 settembre 2014 alle ore 18:19.

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"La pubblicazione dei dati Istat relativi al commercio estero mostra un calo dell'export nel mese di luglio (-1,6%) che non compromette, però, una tendenza di fondo positiva e leggibile nell'incremento medio del trimestre maggio-luglio (+0,7%). Questi dati - confrontati con quelli degli altri paesi europei- invitano ad una riflessione più generale sulla questione riforme strutturali e competitività. Vediamo i numeri: nel periodo gennaio-luglio, la classifica dei principali esportatori in termini di dinamica rispetto allo stesso periodo del 2013 è la seguente: la Germania è prima con un aumento in valore del 3,4%, l'Italia è seconda con un incremento dell'1,3%, segue la Spagna con export stagnante (0,0), infine la Francia con una flessione dell'1,1%; tutti gli altri paesi euro sono anch'essi in flessione (-0,3%)."- dichiara il capo economista di Nomisma Sergio De Nardis.

"Da questa performance sembra che il successo competitivo della Spagna - portata ad esempio come economia che ha attuato quelle riforme che l'Italia non ha realizzato - si sia già esaurito. E' bastato che, dopo un triennio di arretramento dell'economia, ci fosse un po' di ripresa del mercato interno per indebolire le vendite iberiche all'estero; se ci fosse stato un guadagno competitivo non sarebbe dovuto succedere.

Ancor più significativo è il segnale che proviene dalla bilancia delle partite correnti: la Spagna - come gli altri periferici - era riuscita ad azzerare il suo ampio disavanzo, grazie alla recessione, nella prima parte del 2013. Cosa è successo con la ripresa? Le partite correnti spagnole sono tornate notevolmente in passivo nel primo semestre del 2014 per oltre il 2% del PIL; quelle dell'Italia, che non ha avuto ripresa, si mantengono in attivo per circa l'1% del Pil.

E' dunque questo il paese che sta godendo i frutti delle sue riforme strutturali? E' troppo chiedere meno ideologia e più coerenza analitica dalle istituzioni europee, Bce e Commissione, da cui dipendono le scelte dei governi e – quindi – il tenore di vita dei cittadini? La situazione del riequilibrio europeo resta molto complessa. Le riforme strutturali non modificano il nodo di fondo di questo problema: se c'è un paese da riequilibrare in modo prioritario non è sulle sponde Sud dell'Europa. Questo paese è la Germania" – conclude De Nardis.

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