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Questo articolo è stato pubblicato il 18 settembre 2014 alle ore 12:56.
L'ultima modifica è del 18 settembre 2014 alle ore 13:27.
La crisi russo-ucraina ha già cominciato a imporre il suo dazio sulla vasta area che va dall'Europa orientale all'Asia centrale: in molte economie le prospettive di crescita si sono rapidamente deteriorate, avverte la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers), l'istituto nato proprio nel 1991 per accompagnare i Paesi dell'ex blocco sovietico nella transizione verso la democrazia di mercato. Tanto più che la crisi si innesta su uno scenario di già debole crescita globale. La Bers ha quindi corretto le stime rilasciate solo pochi mesi fa, a maggio.
Pesante è la frenata dell'Estonia, che quest'anno potrebbe lasciare sul terreno un punto di Pil, e della Lettonia. I Paesi baltici sono quelli che più direttamente stanno soffrendo l'impatto della crisi in Ucraina e del rallentamento della Russia. Per Kiev, la Bers prevede una contrazione del Pil del 9% rispetto al -7% stimato solo quattro mesi fa.
La crisi politica si farà sentire anche sul 2015, quando la ripresa sarà meno vivace del previsto e minacciata dalle profonde incertezze legate all'evolversi della situazione. I rinnovati rischi geopolitici, avvisa la Bers, potrebbero spingere i Paesi dell'area a destinare quote crescenti del Pil al riarmo, sacrificando, almeno nel medio termine, parte del dividendo incassato con la dissoluzione dell'Unione sovietica.
Se l'Ucraina sperimenta ormai una situazione da economia di guerra, le sanzioni già varate da Washington e Bruxelles, combinate con il rischio di una loro escalation, hanno già penalizzato pesantemente la fiducia delle imprese in Russia e prolungato la fuga di capitali: nei primi sei mesi dell'anno, 75 miliardi di dollari hanno preso il volo.
Le restrizioni sull'accesso ai mercati finanziari internazionali potrebbero mettere nei guai i maggiori gruppi economici, attesi entro fine 2015 da 190 miliardi di dollari rimborsi di debiti in valuta estera. Con i canali internazionali del credito chiusi, potrebbe salire la pressione sulle riserve valutarie della banca centrale (465 miliardi di dollari a settembre) e sui tassi d'interesse. Le stesse ritorsioni del Cremlino potrebbero danneggiare l'economia: l'embargo sull'import di prodotti alimentari e agricoli, stima la Bers, potrebbe alzare il costo della vita dell'1-2%. I beni colpiti dal blocco rappresentano infatti il 60% del paniere alimentare e il 20% di quello complessivo dei consumatori. Nel complesso, per il 2014 si prevede una stagnazione che scivolerà in contrazione nel 2015 (-0,2%).
Gli effetti della frenata russa si faranno sentire anche sull'Asia centrale, in particolare su Kyrgyzstan e Tajikstan, colpite dal calo delle rimesse in arrivo dalla Russia, che pesano rispettivamente per il 29 e il 49% del Pil. D'altro canto, il Kazakhstan dovrebbe invece avvantaggiarsi dell'embargo sui prodotti alimentari, che costringerà la Russia a trovare altri fornitori per riempire gli scaffali dei propri negozi.
Per il rapporto, l'intera area Bers (che comprende tutta l'Europa post-comunista e una serie di paesi del Nordafrica e Medio Oriente) frenerà la sua crescita all'1,3 per cento, rispetto al 2,3 per cento del 2013. E questo sarà il quarto anno consecutivo con un Pil che cresce meno del 3 per cento.
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