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Questo articolo è stato pubblicato il 20 settembre 2014 alle ore 10:19.
L'ultima modifica è del 20 settembre 2014 alle ore 12:58.

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I 49 cittadini turchi presi in ostaggio a giugno in Iraq dalle milizie jihadiste dello Stato Islamico (Isis) sono stati liberati e sono tornati sani e salvi nel loro Paese. Lo ha annunciato il primo ministro di Ankara, Ahmet Davutoglu. «I nostri connazionali sono rientrati in Turchia questa mattina», ha affermato Davutoglu in una dichiarazione trasmessa in televisione, senza fornire precisazioni sulle condizioni del rilascio dei 49 turchi, che erano stati sequestrati in occasione dell'assalto al consolato generale turco di Mosul.

Il vice primo ministro turco, Numan Kurtulmus, ha poi annunciato che circa 45mila curdi di Siria si sono rifugiati in Turchia da giovedì, per sfuggire ai combattimenti tra milizie jihadiste dello Stato Islamico (Isis) e combattenti peshmerga nel nordest della Siria. «Nel momento in cui vi parlo, 45mila curdi di Siria hanno varcato la frontiera e sono entrati in Turchia in otto punti di passaggio differenti», ha dichiarato Kurtulmus alla stampa, un giorno dopo l'apertura delle frontiere da parte delle autorità turche.

Intanto almeno 18 jihadisti dell'Isis sono stati uccisi nella notte in combattimenti con le forze curde vicino alla città siriana di Ain al Arab, alla frontiera con la Turchia. Lo riferisce l'Osservatorio siriano dei diritti umani, secondo cui sono ancora in corso "scontri violenti" in questa zona del nord della Siria dove l'Isis ha preso il controllo di 60 villaggi curdi, di cui 40 solo ieri. Tra i jihadisti uccisi c'era anche un cinese, ha aggiunto l'Ong.

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