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Questo articolo è stato pubblicato il 21 settembre 2014 alle ore 17:26.
L'ultima modifica è del 21 settembre 2014 alle ore 21:16.
Dopo il monito alla minoranza dem («Cascate male») il premier Matteo Renzi ha incassato oggi l'apertura della Uil di Luigi Angeletti al dialogo sull'articolo 18. «Le forme di tutele che già ci sono, che sono oggi acquisite, non si toccano», ha affermato il leader del sindacato. Se poi «si vuole provare a introdurre nel Jobs act un nuovo tipo di contratto a tempo indeterminato con un sistema diverso sui licenziamenti illegittimi che riguardi le persone oggi disoccupate e possa, quindi, allargare la platea degli assunti, allora siamo disposti a discuterne». Insomma, per Angeletti «se si tratta di dare qualcosa a chi non ha nulla certo noi siamo disposti a discutere sulla possibilità che quello che oggi dice l'art.18 possa non esserci».
Camusso: «La dignità del lavoro non è vecchia»
Anche il segretario della Cgil, Susanna Camusso, è tornata sul tema. A margine di una manifestazione per la pace a Firenze ha commentato così le critiche di Renzi alla «vecchia guardia» che resiste al cambiamento: «La dignità del lavoro non è un discorso vecchio». Camusso rimanda al mittente l'accusa di ideologia: «Penso che bisogna smetterla di fare una discussione ideologica come quella che sta facendo il presidente del Consiglio». E conclude: «Se l'intenzione del Governo è quella di estendere le tutele, sa bene che incontrerà un sindacato con molte proposte e molto interessato a farle. Ma se si comincia a togliere i diritti è poco credibile dire che li si estende».
Alfano (Ncd): «Sarebbe meglio togliere l'articolo 18 per tutti»
Nella maggioranza, la posizione del Nuovo Centrodestra è chiara e l'ha ribadita oggi il ministro dell'Interno Angelino Alfano al Corriere della sera: «La delega consente ora di trasformare il vecchio Statuto dei lavoratori» in un testo unico semplificato in cui «il contratto a tempo indeterminato diventa conveniente per i datori di lavoro. Il vincolo del reintegro nel posto di lavoro resterà solo nel caso di licenziamenti discriminatori». Alfano precisa che la decisione di applicare le nuove regole soltanto ai neoassunti è il frutto di una mediazione nella maggioranza, ma aggiunge: «Al punto in cui siamo, diciamolo chiaramente, sarebbe meglio toglierlo per tutti». Una «tesi agghiacciante» per Cesare Damiano (Pd), secondo cui «la destra pretende di realizzare la parità dei diritti togliendoli ai padri e non garantendoli ai figli».
Cuperlo (Pd): delega troppo vaga, Renzi chiarisca
Non si placano gli animi nel Partito democratico in vista della direzione nazionale convocata sul Jobs Act il 29 settembre. Se Pippo Civati annuncia un documento «che entra nel merito delle scelte» da sottoporre a tutti gli iscritti dem, per Gianni Cuperlo «è ora di finirla con la rappresentazione di un Pd diviso tra chi vuole innovare e estendere i diritti a chi non ne ha e chi invece ha lo sguardo rivolto al passato e vuole tutelare chi è già protetto e conservare solo diritti acquisiti». Cuperlo riconosce che il Jobs Act «è una riforma importante» ma avverte: se si guarda al modello tedesco, «bene, in quel sistema l'istituto della reintegra è previsto. Io mi chiedo se sia possibile discutere di merito, di questo merito, in Parlamento senza fare propaganda». Per il deputato Pd la delega presentata in Senato è ancora troppo vaga e Renzi «ha il dovere di indicare il percorso che si vuole fare per arrivare a una riforma del lavoro che estenda davvero i diritti a chi non li ha».
Bersani: «Voglio essere trattato come Berlusconi e Verdini»
Lo stop di Cuperlo alla raffigurazione di un Pd spaccato tra conservatori e innovatori è in linea con quello di Pierluigi Bersani, che anche in serata al Tg1 ha rimarcato quanto sostenuto al Sole 24 Ore sulla necessità di non gettare alle ortiche la reintegra e ha chiesto rispetto: «Vecchia guardia posso accettarlo ma più vecchia guardia di Berlusconi e Verdini chi c'è. Vedo che loro sono trattati con educazione e rispetto, spero che prima o poi capiti anche a me».
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