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Questo articolo è stato pubblicato il 21 settembre 2014 alle ore 11:46.
L'ultima modifica è del 22 settembre 2014 alle ore 12:54.
«Sono favorevole all'abolizione dell'articolo 18, è un mantra che ci addossano come paese in tutto il mondo». Esordisce così Giorgio Squinzi, intervistato su Sky da Maria Latella, rispondendo alla prima domanda che, vista l'attualità dell'argomento, riguarda la riforma del mercato del lavoro.
«Fa bene Renzi ad esprimersi a favore dell'abolizione», continua il presidente di Confindustria, spiegandone le ragioni: «Parlando in tutto il mondo ci dicono che in Italia non si può investire perché c'è l'articolo 18, che quando assumi un dipendente è per la vita e che i vincoli posti sono insormontabili. È un moloch che va abbattuto una volta per tutte: se saremo capaci di fare la riforma, ciò darà più spazio a chi vuole investire nel nostro paese, anche se posso essere d'accordo che in termini percentuali negli ultimi anni l'incidenza dell'articolo 18 sia diventata piuttosto limitata, perché si assume con contratti a tempo determinato e ci sono altre forme di flessibilità».
L'articolo 18 è comunque un aspetto di una riforma complessiva del mercato del lavoro che debba riguardare anche le politiche attive e il sistema del welfare: per il presidente di Confindustria occorre un contratto a tempo indeterminato che sia conveniente per le imprese e i lavoratori, «eliminando tutta una serie di complicazioni e di flessibilità che non aiutano a comprendere bene quello che succede nel mondo del lavoro». E poi «bisogna fare chiarezza» sul sistema degli ammortizzatori sociali «il nostro sistema con le cig speciali e in deroga è sbagliato, si paga la cassa integrazione per 7-8 anni dopo che le aziende hanno chiuso».
Invece per Squinzi «la cassa integrazione deve essere uno strumento per le aziende che hanno una prospettiva e la cig ordinaria non dovrebbe essere più di un anno». Di conseguenza «il sistema del welfare deve essere rivisto. Sono d'accordo con un sussidio di disoccupazione, ma soprattutto bisogna fare molti sforzi perché le persone possano rientrare nel mondo del lavoro, con la formazione. Su questo la Germania è un modello».
Alla domanda se le imprese ce la faranno ad aspettare i 1000 giorni indicati da Renzi, Squinzi stringe i tempi: «si può fare di meglio, anche se per affrontare problemi accumulati negli ultimi 30 anni i 1000 giorni sarebbero sensati. Renzi sta facendo tante cose nella giusta direzione, lo dobbiamo sostenere affinché i provvedimenti trovino un'effettiva attuazione». Cita la riforma della giustizia, fa l'esempio dei decreti attuativi che mancano per rendere operativi i 689 decreti varati con gli ultimi tre governi. Ma sono molti i fronti su cui agire: per esempio il costo del lavoro, rispetto agli 80 euro «una detrazione Irap avrebbe avuto un impatto più diretto sulla ripresa», ma poi anche il carico fiscale, il pagamenti dei debiti della Pubblica amministrazione. Il presidente del Consiglio aveva promesso di pagare tutto entro oggi, giorno di San Matteo: sono stati pagati, ha detto Squinzi, circa 30 miliardi, su un ammontare che si credeva di 100 miliardi e realisticamente è sui 70, in una situazione in cui ci sono risorse per arrivare al 50% dei debiti.
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