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Questo articolo è stato pubblicato il 23 settembre 2014 alle ore 10:21.
L'ultima modifica è del 23 settembre 2014 alle ore 10:45.

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ROMA - Dalla profonda crisi finanziaria, in cui non solo l'Italia ma gran parte dell'Europa è tuttora immersa, si esce in un solo modo: con «politiche nuove e coraggiose per la crescita e l'occupazione, diretta soprattutto e più efficacemente ai giovani».
La cornice è il cortile d'onore del Quirinale. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano prende la parola davanti a tremila studenti per la tradizionale cerimonia di inaugurazione dell'anno scolastico. Inutile e controproducente rincorrere vecchie scorciatoie, «sbraitare contro l'Europa», esordisce.

Soprattutto in Italia, «dobbiamo rinnovare decisamente le nostre istituzioni, le nostre strutture sociali, i nostri comportamenti collettivi. In questo paese che amiamo, non possiamo più restare prigionieri di conservatorismi, corporativismi e ingiustizie». Non bastano gli annunci, le riforme vanno concretizzate, attuate nei tempi stabiliti. Napolitano non vi fa cenno, ma è evidente la preoccupazione del vulnus in termini di credibilità, che riceverebbe il paese proprio nel semestre di presidenza dell'Unione europea, nel caso in cui il percorso delle riforme subisse vistose battute d'arresto.

Il pensiero del Capo dello Stato sulla necessità che il percorso di riforme, sia sul fronte delle istituzioni che su quello dell'economia, non arretri per effetto di veti incrociati e conservatorismi, è noto. Non a caso, ha inserito le riforme del lavoro e della pubblica amministrazione tra le priorità assolute, in questa fase di avvio dell'attività parlamentare dopo la pausa estiva. La spaccatura nel Pd sulla riforma targata Matteo Renzi, e di nuovo sulla questione dell'articolo 18, ha effetti potenzialmente dirompenti sul destino di una delle riforme ritenute fondamentali da buona parte delle istituzioni internazionali, oltre che da Bruxelles e dai mercati?

Napolitano osserva, si può ipotizzare con preoccupazione, non entra nel merito, ma in alcuni passaggi del suo discorso di ieri è possibile cogliere con maggiore precisione in che direzione vadano le sue riflessioni: la priorità è assicurare un futuro ai giovani, perché le famiglie italiane vivono con angoscia «le difficoltà del vivere da un mese all'altro», con un gran numero di giovani «senza lavoro e senza chiare prospettive». Se questa è la priorità - è il ragionamento implicito del presidente della Repubblica - non è più tempo di steccati, ma è tempo di «stringerci ancor più in uno sforzo comune». E dobbiamo farlo nella casa comune europea, per rinnovarci e «metterci al passo con i tempi e con le sfide della competizione globale».

La strada dell'integrazione e dell'unità dell'Europa nella pace e nella sempre più ricca affermazione dei principi del pluralismo politico, culturale e religioso, e dei diritti umani civili e sociali, è il patrimonio di civiltà - osserva Napolitano - che l'Europa è decisa a difendere dalla nuova ondata di fanatismo, di barbarie, di terrore «che è purtroppo venuta crescendo».

L'apporto degli insegnanti, il loro spirito di sacrificio per la soluzione dei problemi della scuola è fondamentale, ma non basta, «confidiamo nella chiarificazione e concretizzazione degli impegni annunciati dal governo per il superamento di situazioni ormai insostenibili, che le politiche del passato non hanno mai risolto».

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