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Questo articolo è stato pubblicato il 24 settembre 2014 alle ore 12:00.
L'ultima modifica è del 24 settembre 2014 alle ore 16:43.

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PARIGI - Incredibile, e sconcertante, confusione sul progetto Air France di utilizzare la controllata Transavia per creare una compagnia low cost europea. Il Governo, per bocca del sottosegretario ai Trasporti Alain Vidalies, sostiene che il piano è abbandonato. Il portavoce della compagnia smentisce, confermando che è solo sospeso fino a fine anno per discuterlo con i sindacati. I piloti, in attesa di chiarimenti, proseguono lo sciopero, arrivato ormai al decimo giorno, uguagliando così quello record del 1998.

La vicenda, che la dice lunga sull'incapacità della Francia a cambiare sfidando la forza delle corporazioni, inizia l'11 settembre. Quando Air France presenta il piano Perform 2020, finalizzato al rilancio della compagnia dopo gli anni dei tagli (8mila dipendenti, tra cui 550 piloti) e della ristrutturazione (con il piano Transform 2015).

Ossatura del nuovo programma è appunto lo sviluppo del low cost. Sia pure con enorme, e colpevole, ritardo – comune peraltro alle grandi compagnie europee ex monopoliste – Air France constata che il low cost in Europa è cresciuto negli ultimi anni al ritmo annuo del 12,5%, arrivando a conquistare il 45% del mercato. Per competere, non si può rimanerne fuori.

Air France ha quindi deciso di potenziare la controllata Transavia – compagnia appunto low cost nata in Olanda, in seno a Klm, e operativa in Francia dal 2007, sia pure limitata nella crescita da un accordo stipulato a suo tempo proprio con i piloti che ne limita il numero di aerei a 14 – in Francia e in Olanda. Ma soprattutto creando una Transavia Europe, con una decina di basi in altri Paesi (Italia compresa e Portogallo in testa), il cui personale avrà ovviamente i contratti locali, meno generosi rispetto a quelli francesi.

L'obiettivo è di arrivare nell'estate 2017 a 115 aerei (rispetto ai 50 attuali) e diventare una delle grandi low cost europee, con un investimento di un miliardo e la creazione, in Francia, di un migliaio di posti di lavoro, tra cui 250 piloti.

Ma i piloti di Air France non ci stanno. Temono il "dumping sociale" della futura Transavia Europe, che potrebbe diventare un temibile concorrente sulle rotte a corto e medio raggio (su cui Air France ha perso l'anno scorso circa 620 milioni), e più in generale un peggioramento in prospettiva del loro trattamento (retributivo e di condizioni di lavoro).

Iniziano quindi a scioperare lunedì 15 settembre, chiedendo il ritiro del progetto Transavia Europe, un contratto unico per l'intero gruppo e un negoziato che fissi rigidi limiti allo sviluppo di Transavia France (che dovrebbe passare a 37 aerei entro il 2017).
Alle rivendicazioni corporative di una categoria che ha ovviamente una fortissima capacità di pressione si aggiunge l'esigenza tutta interna di fare il muso duro in vista delle elezioni sindacali del marzo 2015.

Air France resiste, anche se lo sciopero costa 20 milioni al giorno (compromettendo il ritorno all'utile quest'anno), i danni all'immagine rischiano di essere devastanti e i concorrenti gongolano. Fino a lunedì scorso, quando presenta le sue "ultime proposte": sospensione per tre mesi del progetto Europe, da utilizzare per discuterne con i sindacati in maniera più approfondita, e nel contempo accelerazione del piano Transavia France (anche per non lasciare alla concorrenza gli ambìti slot di Orly liberati con i tagli di Transform).

I piloti respingono l'ultimatum e proseguono lo sciopero. Con un tasso di adesione che, pur in calo, continua a essere leggermente superiore al 50%, costringendo Air France a cancellare metà dei voli, con situazione però molto più problematiche a Nizza e Tolosa, dove il tasso di cancellazioni oscilla tra il 70% e l'80 per cento.

Il braccio di ferro continua e non si capisce bene come se ne possa uscire. Quando, questa mattina, Vidalies dichiara che il progetto Transavia Europe è cancellato. Bizzarro che sia un rappresentante del Governo (per quanto lo Stato sia il maggior azionista della compagnia, con il 17%) ad annunciarlo e non il presidente di Air France Alexandre de Juniac. Tanto più che il premier Manuel Valls aveva definito "ragionevole" la posizione di Air France, invitando i piloti a tornare al lavoro.

Il portavoce della compagnia si è quindi affrettato a spiegare che non c'è alcun cambiamento rispetto a lunedì e che la posizione della società rimane quella di una sospensione e non di un ritiro del progetto (ipotesi peraltro avanzata due giorni fa dallo stesso de Juniac).

La situazione è abbastanza chiara: il Governo sta esercitando tutta la pressione possibile sulla direzione di Air France affinché abbandoni il progetto europeo, concentrandosi su quello francese; e la direzione di Air France cerca di resistere, ben sapendo che la compagnia pagherà a carissimo prezzo la rinuncia a uno sviluppo nel low cost europeo. I concorrenti si stanno d'altronde già dando da fare per accaparrarsi gli slot nel mirino di Transavia.

È molto probabile che alla fine de Juniac perda la sua battaglia. Con un segnale gravissimo all'intero Paese: scioperate e vi sarà dato. Altro che riforme!

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