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Questo articolo è stato pubblicato il 24 settembre 2014 alle ore 16:42.
L'ultima modifica è del 24 settembre 2014 alle ore 17:20.

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Il provvedimento degli arresti domiciliari per l'ex nunzio apostolico Jozef Wesolowski, «con la conseguente limitazione dei contatti, intende evidentemente evitare la possibilità dell'allontanarsi dell'imputato e il possibile inquinamento delle prove». Il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, all'indomani dell'arresto dell'ex alto prelato spiega i contorni giuridici del clamoroso provvedimento restrittivo, primo caso nella storia moderna della Chiesa. L'ex arcivescovo, ormai ridotto da un mese allo stato laicale dalla Dottrina della Fede, è stato posto agli arresti domiciliari in Vaticano con le accuse di abusi sessuali su minori e possesso di materiale pedopornografico. «Gli elementi di natura documentale e testimoniale su cui poggiano gli addebiti sono pervenuti al Promotore di Giustizia sia dagli atti del procedimento canonico già attuato presso la Congregazione della Dottrina della Fede, sia dalla documentazione giunta dalla Repubblica Dominicana», spiega padre Lombardi.

Wesolowski, «ha ricevuto un avvocato d'ufficio, ma può naturalmente esercitare il diritto di difesa tramite un avvocato di sua fiducia che può nominare». Sarà processato in base alle norme in vigore prima della riforma penale del 2013, e rischia una pena tra i 6 e i 7 anni di carcere più eventuali aggravanti. La procedura istruttoria sul caso «richiederà alcuni mesi prima dell'inizio del processo», che potrebbe quindi aprirsi negli «ultimi mesi di quest'anno o i primi del prossimo anno». Lo fa sapere il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi.

L'iter che attende l'ex nunzio è già tracciato da tempo: alla pena canonica della riduzione allo stato laicale (che diverrà operativa dopo il secondo grado) non si aggiungerà solo la condanna penale dei giudici del piccolo Stato, ma anche l'eventuale estradizione ai paesi che la richiederanno formalmente (Santo Domingo e Polonia, e forse anche altri dove ha prestato servizio, la sua carriera si è svolta infatti in Africa meridionale, Costa Rica, Giappone, Svizzera, India e Danimarca, come consigliere di nunziatura, e in Bolivia Kazakhstan, Tagikistan, Kirghizistan e Uzbekistan, dove è stato nunzio apostolico, e potrebbero esservi altre inchieste giudiziarie in corso a suo carico).

«La gravità degli addebiti ha indotto l'Ufficio inquirente - aveva spiegato ieri padre Lombardi - a disporre un provvedimento restrittivo che, alla luce della situazione sanitaria dell'imputato, comprovata dalla documentazione medica, consiste negli arresti domiciliari, con le correlate limitazioni, in locali all'interno dello Stato della Città del Vaticano». Non è stato rivelato il luogo della detenzione ai domiciliari, ma dovrebbe trattarsi di un istituto religioso che, ai confini con lo Stato Vaticano, gode di extraterritorialità, e dove il presule è sorvegliato a vista dagli uomini della Gendarmeria.

Intanto arrivano i primi commenti ‘ufficiosi' della Chiesa. «L'avvertimento è chiaro. La giustizia della Santa Sede interverrà senza sconti a chicchessia. Poi vi sarà probabilmente l'azione penale di altri Stati». È quanto scrive il Sir, l'agenzia dei servizi di informazione religiosa della Cei sul caso dell'ex arcivescovo: «È un evento scioccante, che denuncia un reato e un peccato gravissimi - sottolinea la Sir - Si tratta di una decisione che, in ultima analisi, dopo il processo canonico che già ha condannato il prelato, viene dal Papa della misericordia, perché la misericordia non può lasciare che la malattia devasti tutto il corpo. La pedofilia è "una lebbra che c'è nella Chiesa e colpisce anche i vescovi", come aveva detto in un'intervista Francesco. E allora la lebbra si cura anche con il bisturi, perché gli abusi sono un culto sacrilego che lascia cicatrici per tutta la vita».

Per Famiglia Cristiana Papa Francesco ha dato un «segnale fortissimo» decidendo di accelerare sul caso Wesolowski. Il settimanale dei paolini sul sito web lancia anche un sondaggio tra i lettori: «La Chiesa contro la pedofilia: con l'arresto in Vaticano siamo a un svolta storica?». «Il Papa ha seguito in prima persona - scrive il giornale dei Paolini - tutta la vicenda, sempre più impressionato dai racconti delle violenze». Il processo aveva già avuto un esito in primo grado, la riduzione dell'arcivescovo allo stato laicale. «Ma Papa Francesco ha deciso di accelerare. Il segnale è fortissimo. Tornando dalla Terra Santa Bergoglio nella conferenza stampa in volo aveva paragonato gli atti di pedofilia del clero - ricorda Famiglia Cristiana - a una 'messa nera', cioè a un atto sacrilego. Ma non si è fermato al risvolto religioso e quindi canonico della questione. Il Papa ha chiesto che con rigore ci si occupasse anche del risvolto penale visto che le nuove norme prevedono il reato anche nella legislazione vaticana e si può procedere senza querela di parte, cioè in modo automatico a differenza di quanto avviene per esempio in Italia. Ecco la ragione dell'arresto».

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