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Questo articolo è stato pubblicato il 28 settembre 2014 alle ore 20:19.
L'ultima modifica è del 29 settembre 2014 alle ore 12:59.

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(Epa)(Epa)

I caccia statunitensi e dell'alleanza internazionale contro lo Stato Islamico - gruppo terrorista sunnita che assieme ai suoi affiliati rivendica le decapitazioni di due giornalisti americani e un turista francese e ha imposto fra Iraq e Siria il cosiddetto Califfato inneggiando alla sharia - hanno colpito il più importante sito di gas in mano ai miliziani nella zona di Deir Ezzor, nella parte orientale della Siria. Il raid è stato lanciato alla mezzanotte di ieri contro il giacimento di Kuniko.

Sono state colpite anche postazioni intorno alla città di al Raqqa e nella provincia di Aleppo. Quello di Kuka è il più importante sito gasifero della zona che produce energia elettrica per parte del paese. Si trova a 20 chilometri dalla città di Deir ez Zour.

Almeno 60 miliziani dello Stato Islamico sono rimasti uccisi a Jurf al Sakhar, nord di Babilonia, in un raid aereo condotto dall'aviazione irachena, in coordinamento con il comando provinciale di Babilonia. Lo riferiscono fonti locali, secondo cui nell'attacco altri 10 jihadisti sarebbero rimasti feriti. E ieri, domenica, sempre i raid americani in Siria sembrano aver colpito un importante esponente del feroce gruppo jihadista denominato Khorassan, bersagliato da giorni dagli attacchi aerei a stelle e strisce.

Gli ex nemici si ricompattano
Il Fronte al Nusra, braccio siriano di al Qaida finora in rotta con il gruppo guidato dall’autoproclamato Califfo al Baghdadi, si sta riconciliando con lo Stato islamico, contro cui ha combattuto all'inizio dell'anno in Siria. Secondo il quotidiano britannico Guardian, che cita una fonte del Fronte al Nusra, i leader delle due organizzazioni si sono incontrati più volte per coordinare la risposta armata ai raid aerei della comunità internazionale in Siria. Al momento, però, non sarebbe stato raggiunto alcun accordo. Tuttavia, ha aggiunto la fonte, 73 combattenti del Fronte al Nusra avrebbero già deciso, venerdì scorso, di unirsi allo Stato islamico e decine di altri miliziani sarebbero pronti a fare altrettanto nei prossimi giorni. «Questa guerra non finirà nel giro di mesi o anni, questa guerra potrebbe durare decenni», ha scritto sui social media il portavoce di al Nusra, Abu Firas al-Suri.

Condiglianze via tweet
Il centro americano di sorveglianza dei siti islamici segnala una serie di tweet di un membro di Khorasan, un piccolo gruppo qaedista che oopera in Siria, nei quali questi fa le sue condoglianze per la morte di Muhsin al-Fadhli, componente di lunga data della rete di Al-Qaeda e presunto capo del gruppo Khorasan, e per quella di Abu Yusuf al-Turki, un altro leader del gruppo. I tweet sembrano confermare che Fadhli sia stato ucciso nel corso degli attacchi aerei degli Stati Uniti. Il centro americano di sorveglianza dei siti islamici indica inoltre che nei loro tweet, datati 27 settembre, i jihadisti deplorano la situazione sul terreno in Siria, dove le forze della coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti stanno portando a termine numerosi raid aerei. Secondo le autorità americane negli ultimi due giorni ne sono stati condotti otto (alcuni anche in Iraq con i droni). Solo questa mattina diversi raid hanno distrutto tre raffinerie petrolifere controllate dallo Stato islamico in Siria. Le infrastrutture colpite si trovano vicino alla città di Tal Abyad, alla frontiera con la Turchia. Qui stanno avvenendo violenti combattimenti tra i miliziani dell’Isis e i curdi, a 20 chilometri dalla città di Kabone.

Obama: abbiamo sottovalutato l’Isis
Il presidente statunitense Barack Obama - intervistato nel corso del programma «60 minutes» della Cbs - ha riconosciuto che «l'intelligence Usa ha sosttovalutato» la crescita degli jihadisti sunniti dello Stato Islmico (Isis) sia in Iraq che in Siria. E non solo. Per il presidente americano allo stesso tempo gli 007 hanno sopravvalutato la resistenza delle truppe irachene, che all'inizio dell'avanzata dell’Isis a giugno verso Baghdad si sono date alla fuga senza combattere, abbandonando centinaia di mezzi militari che gli Usa avevano dato loro.

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