Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 01 ottobre 2014 alle ore 21:03.
L'ultima modifica è del 02 ottobre 2014 alle ore 08:40.
Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan (Ansa)
Il ministero dell’Economia ha pubblicato online in serata la Nota di aggiornamento al Def 2014 approvata ieri dal Consiglio dei ministri. Accompagnata dalla premessa del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che usa parole pesanti: «L’area euro è al bivio. In assenza di interventi significativi i Paesi europei rischiano di avvitarsi in una spirale di stagnazione e deflazione; una disoccupazione elevata e una crescita nominale piatta rendono più difficili il recupero di competitività e la sostenibilità del debito».
A rischio la tenuta del tessuto del Paese
Per l’Italia - con un Pil 2014 a -0,3% contro il +0,8% previsto ad aprile - Padoan dipinge un quadro a tinte fosche. La caduta del Pil, scrive, «è superiore rispetto a quella verificatasi durante la grande depressione del ’29». Poi l’affondo, che suona come un aut aut: «Il lungo declino italiano ha molteplici cause e radici profonde. Occorre muovere con decisione su più fronti, nella consapevolezza che in assenza di una ripresa robusta la tenuta del tessuto produttivo e sociale risulterebbe a rischio, la ricchezza delle famiglie minacciata, le prospettive dei giovani compromesse».
Nello scarto dello 0,7% del Pil le risorse per tagliare le tasse
I numeri del documento sono in gran parte quelli anticipati ieri. Per il 2014 e il 2015, gli obiettivi di indebitamento netto sono rivisti rispettivamente al 3% e al 2,9% del Pil e per il 2015. «La differenza tra il saldo a legislazione vigente (fissato al 2,2%, ndr) e quello programmatico, pari a 0,7 punti percentuali di Pil - aggiunge la Nota - è motivata dalla volontà di finanziare impegni di spesa nei settori ritenuti più rilevanti per la crescita economica e ridurre la pressione fiscale per le famiglie e le imprese, con l'obiettivo duplice di supportare la domanda aggregata e la competitività del Paese». Lo scarto vale 11,5 miliardi: 7 serviranno alla stabilizzazione degli 80 euro, 1,5 ai nuovi ammortizzatori sociali, un miliardo all’allentamento del patto di stabilità dei Comuni e un altro per assumere i 150mila precari della scuola. Un sostegno ad hoc arriverà anche alla ricerca. Altri interventi di riduzione della spesa «assicureranno il parziale finanziamento delle misure descritte e il miglioramento qualitativo della spesa».
Pareggio di bilancio slitta al 2017
Il deterioramento del quadro economico impone di rimandare al 2017 l’obiettivo del pareggio di bilancio. «Il Governo - recita il Def - si impegna a riprendere la piena convergenza verso il proprio obiettivo di medio periodo (Mto) già dal 2016 prevedendo una riduzione del deficit strutturale di 0,5 punti percentuali di Pil». La Nota stima anche «un avanzo primario del 3,9% nel 2018» (dall’1,7% del 2014) e ricorda come i nuovi dati contenuti nell'aggiornamento supportino la richiesta di attivazione dello scostamento temporaneo dal percorso di convergenza al Mto in caso di eventi eccezionali.
Pressione fiscale destinata a salirefino al 2016
Le tasse non scenderanno comunque fino al 2016. La pressione fiscale è stimata nel Def al 43,3% del Pil nel 2014 e salirà al 43,4% nel 2015, al 43,6% nel 2016, per poi ridiscendere al 43,3% nel 2017 e al 43,2% nel 2018. Dalla lotta all’evasione il Governo punta a ricavare 11 miliardi nel 2014, 1,194 in più rispetto alle previsioni iniziali e 313 milioni in più rispetto al 2013.
In Stabilità clausola di salvaguardia su Iva e imposte indirette da 12,4 miliardi
A garanzia degli obiettivi di medio termine e in risposta alle raccomandazioni Ue - si legge nel Documento di economia e finanza - la legge di Stabilità del 2015 conterrà una clausola di salvaguardia sulle aliquote Iva e sulle altre imposte indirette che vale 12,4 miliardi nel 2016, 17,8 miliardi nel 2017 e 21,4 miliardi nel 2018.
Dalle riforme effetto di 0,4 punti sul Pil
Secondo la Nota, le riforme messe in cantiere dal Governo Renzi avranno un effetto sul Pil di 0,4 punti nel 2012-2014, per poi salire a +3,4 punti di sviluppo nel 2020 e arrivare a 8,1 maggiori punti di crescita nel lungo periodo. Una delle tabelle contenute nel Def stima in particolare gli effetti della riforma della Pa (0,1 nel 2015, 3,4 nel 2020 e 8,1 nel lungo periodo), della riforma del lavoro (+0,1% nel 2015, +0,9% nel 2020 e +1,6% nel lungo periodo), delle misure per la competitività (dal 0,1 del 2015 al 3,2 del lungo periodo) e della riforma della giustizia (0,1 nel 2015 e 1,0 nel lungo periodo). Prudenti le stime sulla disoccupazione: il tasso è destinato a restare sopra il 12% fino alla fine del 2016 per poi scendere all’11,6% nel 2017 e all’11,2% nel 2018. In generale, il Pil è previsto in crescita dell’1% nel 2016, dell’1,3% nel 2017 e dell’1,4% nel 2018.
Debito, la spesa per interessi scende a 76,7 miliardi
Il calo delle tensioni sui mercati e sui titoli di Stato italiano frutta circa 6 miliardi a beneficio dei conti pubblici: la spesa per interessi scende infatti dagli 82,6 miliardi dell'ultima stima del Governo ai 76,7 miliardi attuali per il 2014. Il rapporto debito-Pil è stimato a 131,9% nel 2016, 128,6% nel 2017 e 124,6% nel 2018.
Privatizzazioni al palo
Come annunciato ieri da Padoan, che però non aveva fornito cifre, gli introiti da privatizzazioni quest’anno saranno inferiori al previsto: solo lo 0,4% del Pil, contro lo 0,7% ipotizzato in precedenza. Le privatizzazioni daranno maggiori introiti a partire dal 2015 e per ogni anno successivo pari a uno 0,7% del Pil.
©RIPRODUZIONE RISERVATA








