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Questo articolo è stato pubblicato il 07 ottobre 2014 alle ore 06:36.

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ROMA
A poco più di sette mesi dalla nomina a premier, questa mattina Matteo Renzi apre per la prima volta la porta della sala Verde di Palazzo Chigi a sindacati e imprese, per due distinti incontri fissati, rispettivamente, alle 8 e alle 9. La lettera di convocazione non riporta gli argomenti che saranno al centro del tavolo, ma secondo quanto anticipato la scorsa settimana dallo stesso Renzi nel menù dovrebbero figurare la legge sulla rappresentanza, insieme al rafforzamento della contrattazione di secondo livello e al salario minimo. Si parlerà anche della proposta di destinare il Tfr in busta paga e del Jobs act.
Si tratta di temi che dividono il fronte sindacale, la Cgil è da sempre schierata per la legge sulla rappresentanza, mentre lo sviluppo della contrattazione aziendale è guardato positivamente dalla Cisl, e da Confindustria che preme perchè venga ordinata e incentivata. Sul Jobs act le posizioni sono articolate, non a caso i sindacati si mobiliteranno in ordine sparso (la Cisl il 18 e la Cgil il 25 ottobre).
Nel merito si tratta di capire a quale modello Renzi intenda ispirarsi per la legge sulla rappresentanza, se all'accordo interconfederale tra Confindustria, Cgil, Cisl e Uil, che va bene all'Alleanza delle cooperative ma non a Rete imprese Italia, e sul fronte sindacale è contestato dalla Fiom. Per partecipare ai negoziati fissa una soglia minima di rappresentanza del 5% (come mix tra iscritti e voti alle elezioni delle Rsu), prevede che i contratti firmati da sindacati con il 50%+1 della rappresentanza (previa consultazione certificata dei lavoratori a maggioranza semplice) sono esigibili, vincolando le organizzazioni firmatarie dell'intesa. Cisl e Uil temono che affidando al Parlamento la materia propria delle parti sociali, l'accordo possa essere snaturato. Quanto alla contrattazione di secondo livello, l'accordo tra Confindustria, Cgil, Cisl e Uil del 28 giugno 2011 stabilisce la validità "erga omnes" dei contratti aziendali per le parti economiche e normative che vincolano tutte le associazioni sindacali firmatarie operanti in azienda, se approvati dalla maggioranza dei componenti delle Rsu. L'accordo consente ai contratti aziendali deroghe normative, il documento di Confindustria dello scorso maggio prefigura anche una derogabilità economica, con la possibilità di individuare nei contratti nazionali nuove soluzioni tenendo conto delle peculiarità dei diversi settori. La proposta è di consentire alle imprese che hanno la contrattazione aziendale di negoziare solo incrementi retributivi collegati ai risultati aziendali (senza riconoscere gli aumenti dei Ccnl). E alle imprese che non hanno la contrattazione aziendale di optare, secondo le previsioni dei singoli Ccnl, tra l'applicazione degli incrementi economici da essi previsti e l'applicazione di modelli retributivi collegati con i risultati aziendali (predisposti dai contratti nazionali).

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