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Questo articolo è stato pubblicato il 08 ottobre 2014 alle ore 09:28.
L'ultima modifica è del 08 ottobre 2014 alle ore 15:05.

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Karsiah Duncan, il figlio del paziente zero parla durante una conferenza stampa (Ap)Karsiah Duncan, il figlio del paziente zero parla durante una conferenza stampa (Ap)

In Spagna le autorità hanno annunciato che si rivedranno le procedure di controllo dopo il contagio dell’infermiera 44enne a Madrid le cui condizioni sono ora «stabili»: la donna viene trattata con il siero della suora Paciencia Melgar, la religiosa che ha superato la malattia dopo avere assistito in Liberia il missionario Miguel Pajares.

Riporta Bloomberg che altre 52 persone entrate in contatto con l’infermiera sono state rintracciate per essere messe sott’osservazione. Un’altra infermiera che lavorava all’ospedale Carlos III è risultata negativa al test.

Sono finora quattro le persone ricoverate all'ospedale madrileno Carlo III: dei tre casi sospetti, uno è il marito dell'infermiera, che è in isolamento ma non presenta per il momento i sintomi del virus. Il secondo caso è una infermiera che faceva parte del gruppo di sanitari che ha assistito i due missionari deceduti e che presenta sintomi di diarrea, ma non febbre. Il quarto è invece un turista di origini nigeriane, passeggero di un volo internazionale proveniente dall'Africa occidentale

«Vogliamo tranquillizzare la società - ha detto il direttore Rafael Perez-Santamarina -. È una cosa che ci ha colto di sorpresa. Ma ora stiamo rivedendo tutti i protocolli di prevenzione, perché non torni a ripetersi». Nel caso in cui risultasse negativo alle analisi alle quali è stato sottoposto, sarà dimesso per passare a una vigilanza esterna.

Vertice a Bruxelles
Il Comitato europeo per la Sicurezza sanitaria, che riunisce esperti degli Stati membri, terrà oggi una riunione speciale per parlare del primo contagio di ebola in Europa, quello di un'infermiera in Spagna. La riunione si terrà in videoconferenza. Le autorità spagnole si sono impegnate a inviare alla Commissione europea martedì le prime conclusioni su quello che è successo. Il Comitato di sicurezza sanitaria, al quale partecipano rappresentanti del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie e dell'Agenzia europea del Farmaco, deve coordinare le azioni tra i Paesi per cercare di evitare ulteriori contagi.

La dottoressa norvegese contagiata
La dottoressa norvegese di Medici senza frontiere (Msf), contagiata da ebola nel corso di una missione in Sierra Leone, è stata rimpatriata a Oslo dove sarà curata. La paziente, una dottoressa di trent'anni, è stata imbarcata su un aereo sanitario francese per poi essere immediatamente traportata - sotto scorta di polizia - verso l'ospedale universitario di Oslo. Sarà sottoposta a isolamento totale e riceverà terapie ancora sperimentali. Si tratta della prima persona di nazionalità norvegese a contrarre il virus. «Il rischio che contagi qualcun altro è minimo» dice all'emittente TV2 il capo della Direzione norvegese degli affari sanitari, Bjoern Guldvog.

Il paziente zero in America
Negli aeroporti degli Stati Uniti intanto si intensificano i controlli, cosa che ieri il ministro italiano Lorenzin si è augurata avvenga anche in Europa. Thomas Eric Duncan, il cosiddetto paziente zero, il liberiano malato di ebola e ricoverato a Dallas è in stato «critico»: gli viene somministrata una cura sperimentale, è collegato a un ventilatore ed è sottoposto a dialisi renale; ma adesso la procura della contea valuta la possibilità di incriminarlo con l'accusa di aver esposto «volontariamente» al virus la popolazione americana.

Duncan atterrò negli Stati Uniti proveniente dalla Liberia lo scorso 20 settembre per sposare la madre di suo figlio e cominciare una nuova vita in Usa. Ma in partenza da Monrovia, compilo' un formulario sanitario in cui assicurava di non aver avuto alcun contatto con persone malate di ebola. Una versione smentita dai fatti, perché, quando si è saputo che era malato di ebola, persone a lui vicine hanno raccontato che, qualche giorno prima della partenza, aveva aiutato a trasportare una donna contagiata con il virus in un centro sanitario, dove successivamente la donna morà.

Da qui la decisione della magistratura inquirente americana. «Stiamo valutando se Duncan espose al virus intenzionalmente o coscientemente la popolazione», ha spiegato al Washington Post Debbie Denmon, portavoce dell'ufficio della procura del distretto. «Uno non può semplicemente salire su un aereo, mentire in un formulario di viaggio, arrivare negli Stati Uniti e mentire in un documenti medico».

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