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Questo articolo è stato pubblicato il 10 ottobre 2014 alle ore 11:15.
Comunista, cocalero, caudillo. Al presidente della Bolivia, Evo Morales, non sono state risparmiate accuse pesanti, soprattutto dagli Stati Uniti. Alcune ingenerose. Tanto che, 8 anni dopo il suo primo mandato, è ancora favorito alle elezioni presidenziali di domenica.
La Bolivia delle nazionalizzazioni e della redistribuzione del reddito a favore dei poveri, munifica di sussidi, ha raggiunto risultati soddisfacenti: dieci anni di crescita positiva, riduzione del debito estero, aumento delle riserve in valuta e soprattutto riduzione della povertà estrema dal 38 al 20 per cento. Dati confermati dalla Banca mondiale in un recente rapporto sulla Bolivia.
Morales si ripresenta ed è favorito nei sondaggi per il terzo mandato consecutivo. L'unico dubbio è la percentuale di voti che otterrà, secondo le stime poco sopra o poco sotto quel 64% che lo vide trionfare nel 2009, alle ultime elezioni. A Samuel Doria Medina, il suo avversario, è un imprenditore attivo nel settore del cemento e della ristorazione, viene attribuito il 18% dei voti. Un distacco abissale.
Un insediamento sul trono del potere, quello di Morales, che gli avversari considerano troppo lungo per il bene della democrazia e che rischia di superare il record del maresciallo Andres de Santa Cruz che, nella storia del Paese, ha governato più a lungo (1829-1839).
Il settore energetico è stato riformato completamente: tutti i contratti con le multinazionali sono stati rinegoziati e le concessioni di esplorazione sono ridefinite in modo che anche la popolazione boliviana benefici delle risorse del Paese.
Infine sono state avviate politiche sociali mirate a vantaggio dei vecchi e dei bambini.
Qual è la marcia in più Morales ? «Esser stato un campesino, un contadino – spiega Fernando Molina , analista politico molto critico nei confronti del presidente – e avere quindi la capacità di immedesimarsi con le necessità della gente, saper spiegare la macroeconomia ai poveri». Eppoi ha saputo declinare una comunicazione politica in modo astuto, utilizzando la retorica anti-imperialista di Hugo Chavez ma con un'impostazione di politica economica simile a quella di Lula: molta attenzione alla stabilità macroeconomica affiancata da sussidi agli indigenti.
Infine ha saputo dialogare con gli autonomisti della regione di Santa Cruz de la Sierra, la provincia ricca di risorse energetiche.
Tuttavia restano sul tappeto alcuni problemi irrisolti: manca l'indipendenza del potere giudiziario, asservito all'Esecutivo. L'analista Kathryn Ledebur, della Ong Red Andina, denuncia l'incapacità di superare la corruzione diffusa.
Inoltre l'industrializzazione resta debole, troppo dipendente dallo sviluppo di materie prime. L'industria rappresenta solo il 16% del Pil. L'obiettivo è raggiungere il 27% entro il 2025.
La tutela dell'ambiente, paradossalmente, è stata minata proprio dalla presidenza Morales: l'accelerazione dei progetti estrattivi ha reso meno salubre l'aria della Bolivia.
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