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Questo articolo è stato pubblicato il 10 ottobre 2014 alle ore 13:24.
L'ultima modifica è del 10 ottobre 2014 alle ore 13:44.

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Totò Riina e Leoluca Bagarella fuori dall’udienza al Quirinale dove il capo dello Stato il 28 ottobre deporrà nel processo sulla trattativa Stato-mafia? Per il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini, «è giusto, è un bene che non accada per il prestigio delle nostre istituzioni, della presidenza della Repubblica in particolare, è una buona notizia». Legnini, intervistato da Giovanni Minoli a Mix24 su Radio24, ha rimesso ai magistrati ogni valutazione sul rischio di nullità del procedimento per la possibile lesione del diritto di difesa ma non ha risparmiato una velata critica: «A processi aperti il vice presidente del Csm non esprime giudizi. Sarebbe stato meglio fermare prima questo rischio».

Scontro alla procura di Milano indebolisce prestigio giudici
Legnini non ha nascosto l’irritazione per lo scontro alla procura di Milano tra il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati e l’aggiunto Alfredo Robledo: «Indebolisce l'autorevolezza e il prestigio di un ufficio così importante, che ha fatto un pezzo di storia di questo Paese, e noi abbiamo il dovere di ripristinare questo prestigio e questa autorevolezza. In due giorni abbiamo avviato la procedura per decidere. Decideremo in fretta e decideremo nel modo più giusto che gli organi chiamati riterranno».

Presto il parere sulla responsabilità civile delle toghe
«La settimana prossima inizieremo a esaminare questo provvedimento sulla responsabilità civile dei magistrati e vedrete che l'atteggiamento dell'organo di autogoverno sarà costruttivo e propositivo», ha assicurato Legnini. Dal Csm arriverà qualche proposta, «ma non anticipo perché mi sono impegnato a rispettare il principio di collegialità».

Stop alla stagione dell’uso personale per gloria dei magistrati
«Deve finire la stagione dell'uso personale a fini di gloria dei magistrati», ha detto comunque Legnini. Largo, invece, al merito nelle carriere. « Bisogna coltivare un'altra ambizione - ha spiegato - quella cioè di porre a capo degli uffici giudiziari italiani chi per davvero lo merita e chi ha capacità organizzative. Nei prossimi mesi, nei prossimi anni saremo chiamati a ridisegnare i vertici del tribunale, della corte d'appello e quant'altro. Se vinciamo quella sfida, governiamo bene». Privilegiando il merito, per il vicepresidente del Csm, non si privilegia l’appartenenza: «Questo sarebbe un obiettivo, ed è condiviso anche dalle correnti. Poi dovremmo vedere se alla prova dei fatti questo si verificherà».

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