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Questo articolo è stato pubblicato il 14 ottobre 2014 alle ore 13:31.
L'ultima modifica è del 14 ottobre 2014 alle ore 18:05.

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Un gruppo di Peshmerga curdi durante una pausa dei combattimenti (Afp)Un gruppo di Peshmerga curdi durante una pausa dei combattimenti (Afp)

Nonostante le previsioni che la davano perduta, i jhiadisti Isis (o Isil o Stato Islamico o, in arabo, Daesh) non riescono a espugnare Kobane, città siriana ai confini con la Turchia che assicurerebbe ai seguaci del sedicente califfo al-Baghdadi il controllo del nord della Siria. Un risultato insperato mentre i soldati del presidente turco Erdogan stanno a guardare al confine senza muovere un dito. Oggi la bandiera nera dell'Isis, che miliziani del Califfato avevano issato alcuni giorni fa sulla collina di Tall Shahir alle porte di Kobane, è stata rimossa. Lo testimoniano foto circolate oggi su Twitter, mentre fonti locali confermano che i curdi del Ypg, sigla dietro cui militano miliziani curdi dell'Unità di difesa del popolo, sono riusciti a respingere le forze Isis facendoli arretrare di circa 4 chilometri verso est.

I curdi, miliziani e civili, donne e uomini, hanno riconquistato la collina di Tall Shair di importanza strategica a ovest di Kobane, riferiscono alla Bbc fonti dell'Ypg. Certo, l'avanzata delle truppe curde è stata possibile dopo una serie di raid aerei condotti dalla coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti ma l’impresa curda è notevole se si pensa alle forze in campo.

La diffidenza fra autorità turche e curdi
In queste ore emerge un conflitto nel conflitto che certo non aiuta la causa curda e occidentale - che coincide con la volontà almeno ufficiale di non pochi governi arabi - contro i jihadisti dell’Isis. Questa è la diffidenza delle autorità turche contro i curdi che in queste ore si traduce in numeri poco tranquillizzanti: oltre 30 morti e 348 persone arrestate è il bilancio delle violenze nelle dimostrazioni pro-Kobane in Turchia, dal 6 ottobre a oggi. Lo riferiscono fonti della sicurezza turca citati dai media locali. Tra gli arrestati, 102 minorenni. Negli scontri sono rimaste ferite 350 persone, tra le quali 139 agenti di polizia.

Così l’immagine della Turchia come alleato occidentale, si offusca sempre più. Il governo turco non solo non fa nulla per aiutare i curdi siriani di Kobane che vedono quotidianamente massacrati da Isis a un chilometro dal loro confine, ma ora si scopre che ha bloccato le armi che i curdi iracheni hanno inviato nella città ai curdi di Kobane per difendersi dall'assalto dello Stato Islamico. Il governo turco avrebbe impedito che il carico arrivasse a destinazione. Hamid Darbandi, responsabile del governo regionale di Erbil (Kurdistan iracheno) per gli affari curdo-siriani, ha riferito all'emittente «al Arabiya» che l'amministrazione di Massoud Barzani ha inviato nelle scorse settimane un carico «simbolico» per aiutare le milizie dello Ypg, le Unità di protezione del popolo. Fonti curde siriane riferiscono tuttavia che il carico non ha mai raggiunto Kobane a causa della mancata apertura di un corridoio di transito da parte della Turchia.

Il presidente francese Francois Hollande non ha ignorato la cosa: «La Turchia deve assolutamente aprire la sua frontiera» per permettere di aiutare i cittadini curdi che stanno difendendo la città di Kobane contro l'assalto dell'Isis, ha detto oggi. «È in atto un martirio e la città di Kobane rischia da un momento all'altro di cadere nelle mani dei terroristi. La Turchia deve assolutamente aprire la sua frontiera».

Ucciso il capo curdo che lotta col Califfato
Si stima che i curdi siano fra 35 e 40 milioni divisi in quattro nazioni (Turchia, Iraq, Iran e Siria). Così vi sono anche curdi, ma anche di ebrei, scrive il quotidiano israeliano Haaretz, che si sono uniti alla causa del califfo. Fra loro il leader della componente curda dello Stato islamico, Abu Khattab al Kurdi, comandante in capo dei jihadisti impegnati nell'offensiva su Kobane, che sarebbe rimasto ucciso a Kobane. La notizia si è diffusa attraverso i social network, dopo che alcuni attivisti curdi hanno pubblicato una foto che ritrae Abu Khattab esanime con una ferita all'occhio sinistro causata dalla pallottola di un cecchino. La figura di Abu Khattab è assai odiata dai curdi anche per via dei natali a Halabja, nel Kurdistan iracheno, colpita dalle armi chimiche dal regime di Saddam Hussein nel 1988.

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