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Questo articolo è stato pubblicato il 22 ottobre 2014 alle ore 07:21.
L'ultima modifica è del 25 ottobre 2014 alle ore 16:26.

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Irritabilità e stanchezza, fatica nella concentrazione, flessione del tono dell'umore. Sono solo alcuni effetti possibili del ritorno all’ora solare che ci aspetta questo week end. Nella notte fra sabato 25 e domenica 26 ottobre dovremo tutti spostare le lancette un'ora indietro. Quindi potremo dormire un'ora in più. Ma non è tutto oro quello che luccica. Si stima che ben 12 milioni di italiani possano soffrire disagi, in questa fase dell'anno, anche per il ritorno all’ora solare.

«L'effetto del cambio di orario sulle persone può essere molto diverso da persona a persona - afferma lo psichiatra Michele Cucchi, direttore scientifico del Centro Medico Sant’Agostino di Milano - soprattutto in funzione del loro essere costituzionalmente più “gufi” o “allodole”: i primi, più simili agli animali notturni, prediligono lavorare e essere attivi alla sera; mentre le allodole, per le quali “il mattino ha l'oro in bocca”, hanno una spiccata propensione a rendere maggiormente nelle prime ore della giornata».

E saranno proprio loro, le persone più mattiniere, «a risentire di più del cambio dell'ora legale», spiega lo psichiatra.

Questione d’età, ma anche di sesso
Un fattore importante che modula l'effetto dei ritmi biologici sulla performance è l'età. «Spesso i giovani hanno un profilo ad alta performance alla sera, mentre i meno giovani prediligono partire con il piede giusto alla mattina presto - aggiunge Cucchi -. I meno giovani sono inoltre più resistenti alla riduzione delle ore di sonno e riescono a rendere meglio anche quando dormono poco».

Ma la cronobiologia è anche una questione di genere: «le donne, a prescindere dall'età, tendono ad essere più mattutine, ossia “allodole”» sostiene lo psichiatra. Invece i serotini soffrono tipicamente dell'inerzia da risveglio, quello stato per cui carburare è davvero difficile alla mattina.

Gufi o allodole: le differenze sono sostanziali, anche sul lavoro
Le caratteritiche del bioritmo - e dunque i relativi problemi di desincronizzazione - possono condizionare anche la resa lavorativa. In alcuni casi di più, in altri di meno. «Le attività cognitive principalmente influenzate dal profilo cronobiologico e dalla desincronizzazione dei ritmi - spiega Cucchi - sono quelle che coinvolgono l'attenzione selettiva, i compiti di decisione e distinzione fra stimoli a diversa rilevanza: come ad esempio lavorare con i numeri, studiare, analizzare documenti, verificare la congruenza di contratti».

Invece, risentono meno di questi fattori i compiti cognitivi basati su processi, seppur complessi, ma automatici come gesti ripetitivi, procedure computerizzate in sequenza, utilizzo di conoscenze, categorizzazione di stimoli e catalogazione di documenti.

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