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Questo articolo è stato pubblicato il 22 ottobre 2014 alle ore 11:40.
L'ultima modifica è del 22 ottobre 2014 alle ore 20:46.

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Giorgio Squinzi (Ansa)Giorgio Squinzi (Ansa)

All’Italia serve una nuova politica industriale, con obiettivi chiari che accompagnino le imprese verso le sfide di oggi. Ma a livello comunitario occorrono politiche orientate alla crescita, unico strumento per contrastare la debolezza del mercato interno. Ad affermarlo è stato il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, dal palco della Fiera Saie a Bologna, che quest’anno festeggia il suo 50° anniversario.

Largo a investimenti che rilancino produzione e produttività
Al Paese, ha sottolineato il numero uno degli industriali, occorrono nuovi investimenti. Giustificarne l’assenza con conti pubblici «complicati e dal difficile equilibrio» è comprensibile «ma non accettabile, perché investimenti che rilancino la produzione e la produttività innescherebbero processi virtuosi di sostegno proprio alle finanze pubbliche con un sostanzioso e rinnovato flusso di cassa». Squinzi si è detto convinto della necessità di «un’attenzione maggiore alla competitività delle industrie» e di «una politica industriale nuova, che definisca obiettivi chiari e accompagni le imprese verso le sfide e i cambiamenti di cui si parla oggi». Quanto alla direzione da imboccare, per il presidente di Confindustria, «gli orientamenti definiti a livello comunitario che individuano nella green economy, nell’Ict, nell’efficienza energetica e nell’innovazione, i driver per uno sviluppo solido e sostenibile sono una traccia importante, che la politica industriale italiana deve provare a sviluppare, trovando gli opportuni adattamenti alla nostra struttura economica e imprenditoriale».

Domanda interna da rilanciare: l’Ue guardi alla crescita
Davanti alla crisi il problema più urgente è «la debolezza della domanda interna», il cui rilancio per Squinzi - «va affrontato con politiche europee mirate alla crescita». Anche perché «gli ultimi interventi di politica monetaria con cui la Bce ha messo a disposizione del sistema del credito risorse a lungo termine da destinare all’economia reale non hanno prodotto gli effetti sperati». Secondo il presidente di Confindustria, «la domanda da parte delle banche è stata molto inferiore alle attese del mercato, segno che il problema vero in questo momento è l'incertezza che grava sulla ripresa dell’economia e che induce gli investitori e gli istituti creditizi a rimanere in una posizione di attesa: e questo non va bene».

Per cambiare bisogna ricucire fiducia
Dal palco del Saie, Squinzi ha sottolineato che negli ultimi anni «è venuta meno la capacità della politica di sostenere lo sviluppo» e la collaborazione tra istituzione, imprese e cittadini. Ma, ha avvertito, «non addossiamo la colpa solo alla politica: troppo facile». L’urgenza oggi è guardare avanti: «Se “rammendare” significa ricucire questo strappo, mi troverete in prima fila, convinto che questa è la via maestra per recuperare una fiducia collettiva, straordinariamente necessaria in questo momento». Alle imprese occorre «una sempre maggiore efficienza della governance, in particolare locale» ma anche «interlocutori certi e capaci di generare decisioni tempestive e adeguate» al posto di «norme che affondano radici in realtà che non esistono nel nostro Paese». Non ce n’è alcun bisogno, per Squinzi, così come non servono «artifizi amministrativi: veniamo da anni di intrecci di norme lontane da qualsiasi logica, che rendono il quotidiano carico di rischi per la vita delle imprese e per l’efficienza stessa del sistema amministrativo».

Edilizia in stato comatoso
Squinizi ha ribadito la grave criticità in cui versa il mattone. «Lo stato dell’edilizia è purtroppo comatoso», ha osservato. «Abbiamo perso negli ultimi sette anni il 60% dei volumi produttivi e, onestamente, credo che l’anno prossimo non vedremo una ripresa decisa». Ma bando al pessimismo: nella ripresa del comparto, ha sottolineato il numero uno di Viale dell’Astronomia, «dobbiamo crederci e dobbiamo renderci conto tutti che l’edilizia è fondamentale per la ripresa del Paese».

Manovra condivisibile ma aspettiamo per giudizio definitivo
Squinzi ha confermato che nella legge di Stabilità 2015 «ci sono cose che chiedevamo da tempo, come la riduzione dell’Irap» e «un po’ più di attenzione alla ricerca», che è «molto condivisibile». Insomma, una manovra «che punta sull’occupazione e sulla capacità delle imprese di essere protagoniste della ripresa» e che «segna una discontinuità rispetto alle precedenti leggi di Stabilità, per l’attenzione che sembra manifestare nei confronti delle imprese». Positiva, dunque la prima impressione. Anche se, ha precisato il presidente degli industriali, «non possiamo esprimere «un giudizio definitivo perché non conosciamo ancora il testo bollinato» dalla Ragioneria generale dello Stato.


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