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Questo articolo è stato pubblicato il 24 ottobre 2014 alle ore 16:17.

L'avvocato di Totò Riina, Luca Cianferoni, potrà fare domande al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel corso dell'udienza del processo sulla trattativa Stato-mafia in programma martedì prossimo al Quirinale, in cui il capo dello Stato sarà sentito come teste. Lo ha deciso la Corte d'Assise di Palermo, presieduta dal giudice Alfredo Montalto, che ha accolto la richiesta presentata ieri in udienza dal legale del numero 1 di Cosa nostra. L'avvocato Cianferoni potrà fare domande anche sui fatti avvenuti nel 1993, nel periodo delle stragi mafiose di Roma, Firenze e Milano, come se Napolitano fosse un testimone citato dalla difesa.

Atti riservati Sismi «nuova prova», sì a domande sui fatti dle 1993
La decisione della Corte d'Assise amplia il capitolato di prova stabilito dai giudici. In particolare le domande verteranno sui documenti depositati nella scorsa udienza dai pm del processo e che riguardano degli atti riservati del Sismi, del '93, sul pericolo attentati all'allora presidente della Camera Giorgio Napolitano e all'allora presidente del Senato, Giovanni Spadolini. Nell'ordinanza la Corte d'assise parla di una prova «nuova» che «non è manifestamente superflua né irrilevante». E, riferendosi ad anni in cui Napolitano non era capo dello Stato, la prova in questione non rientrerebbe nei limiti della sentenza della Corte costituzionale che, risolvendo il conflitto di attribuzioni tra il Colle e la Procura di Palermo, ha riconosciuto una serie di prerogative al capo dello Stato. I giudici, tuttavia, pur ammettendo la richiesta dell'avvocato di Riina, ricordano nell’ordinanza che, proprio per le prerogative costituzionali di cui gode il presidente della Repubblica, la sua deposizione «non può prescindere dalla disponibilità del capo dello Stato, di cui la corte non potrà che prendere atto».

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