Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 25 ottobre 2014 alle ore 10:59.

My24
Un addetto monta un’urna in vista delle elezioni parlamentari di domenica 26 ottobre (Epa)Un addetto monta un’urna in vista delle elezioni parlamentari di domenica 26 ottobre (Epa)

Ci sono eroi di guerra, attivisti del Maidan, giovani volti della politica pieni di ideali, comandanti ritornati dal fronte: l'anno che ha trasformato l'Ucraina si riversa nelle liste che domenica si presenteranno al giudizio degli elettori. Elezioni parlamentari anticipate, un voto intriso di storia, drammatico perché va alle urne un Paese amputato, in profonda crisi economica e senza gas per scaldarsi, e ancora in guerra. Con decine di migliaia di profughi e di elettori che non potranno votare perché sono dall'altra parte di un confine non scritto ma bombardato ogni giorno, malgrado la tregua, da una parte e dall'altra. La guerra, lo strappo con Mosca, la caccia ai protagonisti del regime precedente, il bisogno di riforme e la crisi energetica: pochi Paesi al mondo sono andati a votare in condizioni così difficili. Le sfide che il Parlamento che verrà, la nuova Verkhovna Rada, dovrà affrontare. Accanto al presidente Petro Poroshenko, eletto alla guida dell'Ucraina nel maggio scorso.

Urne di guerra
In primavera Poroshenko vinse, al primo turno, con il 55% dei voti. Un consenso che oggi viene messo alla prova da una guerra che il candidato promise di vincere, senza accettare compromessi; ma che il presidente eletto si vide poi costretto ad affrontare con pragmatismo, rassegnandosi - di fronte alla superiorità dei filorussi e soprattutto dei loro sostenitori - a una tregua calpestata ogni giorno, e a cercare un punto di incontro con Vladimir Putin, che venerdì è tornato ad addossare sull'Occidente la colpa della crisi ucraina. “Non siamo stati noi a cominciare”, ha ripetuto il presidente russo da Sochi promettendo di rispettare la sovranità dell'Ucraina e auspicando una fine immediata del conflitto tra militari e separatisti filorussi nelle regioni di Donetsk e Luhansk. Ma a Kiev nessuno crede alle sue parole, pochi condividono il tentativo di Poroshenko di dialogare con Putin. E il piano del presidente, concedere autonomia alle regioni ribelli pur mantenendole all'intero dell'Ucraina, è già stato respinto dai separatisti che naturalmente non considerano neppure il voto di domenic,a ma hanno organizzato elezioni locali proprie: “Non c'è alcuna visione comune sul futuro Donbass”, osserva l'oligarca Serhiy Taruta, nominato da Kiev governatore di Donetsk. Un conflitto congelato, ma pronto a riesplodere in qualsiasi momento. I morti di questa guerra sono più di 3.700; 400mila i rifugiati in Ucraina, 450mila all'estero.

“L'Est è più piccolo”
La nuova Rada –in teoria composta da 450 seggi – sarà priva dei 12 deputati che un tempo venivano dalla Crimea, e di quelli dei distretti di Donetsk e Luhansk controllati dai separatisti. “Dalle urne – osserva da Mosca Konstantin Sonin, vicerettore dell'Alta Scuola di Economia – uscirà un Parlamento molto più omogeneo. Per 20 anni dovevano bilanciare Est e Ovest, ora l'Est è molto più piccolo. Senza i 2 milioni di elettori della Crimea, decisamente pro-russi, e i 4 milioni che non potranno partecipare da Donetsk e Luhansk, il nuovo Parlamento sarà più orientato all'Europa e più nazionalista. Ma ingovernabile e improduttivo come i precedenti”.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi