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Questo articolo è stato pubblicato il 21 novembre 2014 alle ore 06:37.
L'ultima modifica è del 21 novembre 2014 alle ore 10:24.

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Un dettagliato cronoprogramma, con l'indicazione dell'impatto sul Pil delle singole riforme già attuate e in via di definizione, con un'enfasi particolare riservata alla delega sul lavoro, che secondo gli auspici del governo diverrà operativa dal prossimo 1° gennaio. Ma anche un focus ad hoc dedicato alla sostenibilità del debito pubblico, garantita da una pluralità di fattori: la riforma delle pensioni, il programma di privatizzazioni (pari allo 0,7% del Pil l'anno), il persistere di un ragguardevole avanzo primario che la serie storica dal 1995 al 2014 fotografa in attivo per 19 anni su 20 e che dovrebbe raggiungere nel 2018 il 3,9% del Pil.

Il testo del «documento di sintesi» che il governo si appresta ad inviare a Bruxelles, in vista del pronunciamento sulla legge di stabilità atteso per martedì, è pronto. Palazzo Chigi e Via XX Settembre stanno valutando se e in quali tempi inviarlo alla Commissione Ue. Non una lettera di nuovi impegni - precisano fonti governative - quanto una sorta di riepilogo di quanto già trasmesso negli «scambi di informazioni» in corso ormai da settimane.

E il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, in un'intervista al Financial Times, rinnova le critiche all'”incerta” metodologia di calcolo europea per misurare il differenziale fra crescita effettiva e potenziale, che per l'Italia è al 3,5%: «Con i numeri dell'Ocse, il 5,1%, saremmo in surplus strutturale. Un dato su cui non si scherza, tocca le vite dei cittadini». Il giudizio di Bruxelles? Padoan si aspetta «luce verde alla legge di stabilità italiana». L'auspicio è che la Commissione «capisca e apprezzi la filosofia complessiva» della politica economica basata «su un consolidamento fiscale pro-crescita». L'Europa è a un bivio. Deve rendersi conto che «sta correndo un grosso rischio di rallentare di nuovo». Vale anche per la Germania, che «sta cominciando a capire che non è immune dal possibile impatto negativo di una nuova frenata». Quanto alla delega sul lavoro, di solito «se ci sono proteste significa che la riforma avrà impatto».

Lo scostamento momentaneo rispetto all'obiettivo di medio termine, con il pareggio di bilancio che slitta al 2017, è motivato da «circostanze economiche eccezionali», che il governo torna a invocare. Tre anni consecutivi di recessione motivano la deviazione, fermo restando l'impegno a mantenere il deficit nominale al di sotto del 3% del Pil.

L'altro elemento che giustifica la deviazione dal percorso concordato è connesso all'applicazione della «clausola europea sulle riforme economiche», laddove si sottolinea come la Commissione e il Consiglio possano decidere di «rivedere il calendario di convergenza» e concedere una «deviazione temporanea dalla traiettoria di avvicinamento verso l'obiettivo di medio termine», in presenza di riforme strutturali «che abbiano un impatto positivo sulla crescita potenziale e sulla sostenibilità di bilancio».

In linea con quanto espressamente indicato nel «Documento programmatico di bilancio 2015», già inviato alla Commissione Ue, l'effetto sulla crescita imputabile agli effetti delle riforme strutturali è indicato in 0,1 punti nel 2015, 0,3 nel 2016, 0,2 punti nel 2017 e 0,1 nel 2018 (l'effetto cumulato è pari a circa 0,7 punti).

Quanto al debito, oggetto delle principali preoccupazioni di Bruxelles, nel quadro tendenziale si va verso il 133,7% nel 2015 e 2016. Poi la discesa nel 2017 (132,1%) e 2018 (129,9%). Riduzione che sarà garantita - lo ribadisce il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan - dal piano di privatizzazioni già inserito nel Def di aprile «con proventi attesi pari a circa 0,7 per cento del Pil annui in media nel periodo 2015-2018». Il combinato delle ultime riforme delle pensioni garantisce la sostenibilità del quadro di finanza pubblica.

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