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Questo articolo è stato pubblicato il 17 novembre 2014 alle ore 08:47.
L'ultima modifica è del 21 novembre 2014 alle ore 10:13.

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In pochi la conoscono e riescono a decifrarla. Ma i suoi effetti possono alleggerire le tasche dei cittadini a colpi di manovre di bilancio correttive. È la formula misteriosa dell'output gap, che calcola la differenza tra il Pil potenziale e quello effettivamente realizzato. Un numero-chiave che determinerà la pagella della Commissione Ue sulla legge di Stabilità italiana prevista per il 24 novembre.

Eppure, secondo gli addetti ai lavori, questo cocktail sapiente tra gli ingredienti della produzione negli anni è diventato una misura fantasma, frutto di un calcolo esoterico che sottostima il Pil potenziale richiedendo sforzi di bilancio eccessivi. La crisi prolungata ha mandato in tilt un sistema consolidato e ora autorevoli economisti di ogni parte del mondo chiedono di ripensarne il metodo o almeno di mettere sul piatto della bilancia anche gli sforzi di riforma per riportare l'economia in carreggiata in tempi difficili.
Il conto alla rovescia è già iniziato: tra una settimana esatta - il 24 novembre - la Commissione Ue pubblicherà la “pagella” sulla legge di Stabilità italiana e sui budget degli altri Paesi europei per il 2015. Un giudizio complessivo e alcune raccomandazioni, con il rischio di manovre correttive per alcune capitali, che passeranno poi al vaglio del Consiglio Ecofin per l'approvazione definitiva. Ma come vengono calcolati gli sforzi aggiuntivi richiesti?
La vera partita si sta giocando proprio in questi giorni dietro le quinte e ruota attorno a una parola magica: output gap. Letteralmente significa «divario di Pil» ed è una formula matematica per calcolare la differenza tra la crescita potenziale e quella effettivamente realizzata. Un indicatore chiave che viene utilizzato per comprendere la porzione di deficit dovuta alla difficile congiuntura e quella invece strutturale. Proprio quest'ultima è diventata la stella polare per valutare la traiettoria di medio periodo delle politiche di bilancio degli Stati europei, in virtù del Patto di stabilità e di crescita e del fiscal compact. Così più piccolo è l'output gap, più bassa è la componente ciclica che si può sottrarre dal bilancio pubblico. E dunque maggiori saranno gli sforzi richiesti ai Paesi europei. «Un calcolo tecnico, seppure con regole uguali per tutti a livello Ue - spiegano Petya Garalova e Carlo Milani, economisti del Centro Europa Ricerche - diventa così un elemento cruciale in grado di influenzare l'agenda di politica economica dei governi».

Nelle Previsioni economiche d'autunno diffuse all'inizio di novembre Bruxelles stima per l'Italia un output gap a quota -4,5% per il 2014 e a -3,4% per il 2015. Per la Spagna la previsione è -6% per quest'anno e -4,1% per il prossimo, mentre è più contenuto il divario per la Francia: -2,3 e -2,5 rispettivamente. Secondo gli addetti ai lavori queste cifre non sono però attendibili, perché la fase prolungata di crisi dovuta a un calo della domanda aggregata di dimensioni inaudite ha mandato in tilt un modello di calcolo consolidato, oggi non più in grado di fotografare la realtà.

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