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Questo articolo è stato pubblicato il 22 novembre 2014 alle ore 08:12.
L'ultima modifica è del 22 novembre 2014 alle ore 10:12.

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Mario Draghi (Ipp)Mario Draghi (Ipp)

FRANCOFORTE - «Faremo quello che dobbiamo fare». Stavolta il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, non si riferisce alla necessità di salvare l'euro, come nel famoso discorso di Londra del 2012, ma all'aumento dell'inflazione e delle aspettative d'inflazione «il più rapidamente possibile, come il nostro mandato per la stabilità dei prezzi ci richiede».
Con l'inflazione nell'eurozona allo 0,4% e nessun segnale di rimbalzo verso l'obiettivo di stare sotto, ma vicino al 2%, e un'economia stagnante, ieri mattina a Francoforte Draghi ha fatto un altro passo verso la possibilità di uno stimolo monetario più aggressivo che comprenda l'acquisto di titoli pubblici, un'opzione favorita dai mercati ma che divide il consiglio della Bce, dove alcuni membri sono fortemente dubbiosi sulla sua efficacia. Dopo aver ricordato le misure adottate negli ultimi mesi, il presidente della Bce ha affermato che se le politiche già avviate non si riveleranno sufficienti a riportare «senza ritardi» l'inflazione verso l'obiettivo, «aumenteremmo la pressione e allargheremmo ancora di più i canali attraverso i quali interveniamo, modificando di conseguenza la dimensione, il ritmo e la composizione dei nostri acquisti». A Bruxelles all'inizio della settimana, Draghi aveva ribadito che questi potranno includere titoli pubblici (oltre a covered bond e Abs, i cui acquisti sono già iniziati) e ieri ha fatto riferimento alle esperienze di quantitative easing (Qe) della Federal Reserve americana e della Banca del Giappone.

È improbabile che una decisione sul Qe venga presa al consiglio del mese prossimo, quando lo staff della Bce rivedrà al ribasso le previsioni su inflazione e crescita, e prima della seconda assegnazione di fondi alle banche attraverso la Tltro. Ma il meeting del 22 gennaio potrebbe risultare decisivo.

Draghi ha ricordato che i miglioramenti dei mercati finanziari degli ultimi due anni e mezzo non si sono trasmessi interamente all'economia reale, dove la crescita resta debole e la disoccupazione sta scendendo troppo lentamente. In particolare, l'inflazione troppo bassa per un periodo troppo prolungato rischia di radicarsi nelle aspettative: una caduta di queste, ha osservato Draghi, porta a un aumento dei tassi d'interesse reali, quelli che contano di più per le decisioni di investimento. Secondo indicatori di breve periodo, le aspettative sono già scese a livelli «eccessivamente bassi».

Il banchiere centrale italiano ha cercato di dissipare i dubbi sull'efficacia degli acquisti di titoli, compresi quelli dei banchieri che lo ascoltavano all'European Banking Congress, oltre la metà dei quali ha votato in un sondaggio che il Qe non stimolerebbe l'economia europea.

Secondo Draghi, invece, gli acquisti di titoli agirebbero con una trasmissione diretta nei mercati nei quali la Bce interviene e con un riequilibrio dei portafogli, per cui gli investitori sostituirebbero i titoli meno rischiosi comprati dalla Bce con attività a più lungo termine, come azioni e immobili. Per le banche, un rialzo di queste attività libererebbe capitale per maggiori impieghi, mentre imprese e famiglie beneficerebbero di un effetto ricchezza.

Parlando allo stesso congresso, il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble ha affermato ieri: «Non voglio dover difendere l'euro per i prossimi cinque o dieci anni con l'attuale governance», l'Europa deve «urgentemente cambiare i Trattati»
La Bce punta soprattutto sul ribilanciamento fra un'area valutaria e l'altra, cioè dalle attività in euro verso quelle in altre valute. Il Qe della Fed e della Banca del Giappone ha portato, ha ricordato Draghi, a una significativa svalutazione del cambio, la via più rapida per far risalire l'inflazione. Ci sarebbe infine un effetto segnaletico forte: che la Bce è pronta a usare tutti i mezzi a sua disposizione e senza indebiti ritardi. Nel frattempo, il consiglio ha dato mandato allo staff di preparare le possibili misure. Draghi ha inoltre ripetuto il suo appello ai Governi perché aiutino la ripresa con le politiche di bilancio, investimenti e riforme strutturali.

Intervenendo alla stessa conferenza, il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, uno dei più critici nel consiglio della Bce su un possibile Qe, ha evitato il confronto con Draghi, concentrandosi nel suo discorso sull'unione bancaria.

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