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Dalla bolla in Borsa alla polvere: ecco che fine hanno fatto le ex regine della new economy italiana

Altro che slot machine. Fare soldi in Borsa 15 anni fa era un gioco da ragazzi: bastava comprare azioni di aziende internet e si diventava ricchi. Tiscali, per esempio, nel febbraio del 2000 strappava a Piazza Affari guadagni del 30-40% al giorno. Ma dai picchi in Borsa della bolla internet, quanta strada hanno percorso all'ingiù le “dotcom” italiane di fine millennio? Ecco tre storie esemplari

1. Lo sboom della new economy / Tiscali: da 18 a 0,95 miliardi di capitalizzazione

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(Fotogramma)

L'ex gioiello di Renato Soru, fondato nel 1997, è il vero emblema della bolla all'italiana. Chi non ricorda la corsa a Piazza Affari, con la capitalizzazione che nell'aprile 2000 tocca i 18 miliardi di euro sulla fiducia incondizionata nelle “prospettive” dell'azienda, superando la Fiat di allora? E Renato Soru, il bocconiano sardo che aveva improvvisamente doppiato i grandi vecchi del capitalismo italiano, da Agnelli a Berlusconi, da Del Vecchio a Benetton? Quindici anni fa Tiscali rappresentava davvero una rivoluzione: fu la prima per esempio a offrire l'accesso gratis a internet. E fino al 2003 ha collezionato numerose aziende (come Liberty Surf in Francia e World Online in Olanda) con l’obiettivo di diventare un internet provider paneuropeo. Ma il modello non ha funzionato e l'8 maggio 2009, con la vendita di Tiscali UK (che produceva il 69% dei ricavi del gruppo), l'internet company ha ripiegato in pratica sul solo mercato italiano. Ma l'ex regina della new economy – con azioni che a valori rettificati sono passate da 60 a 0,05 euro – almeno è una delle poche “spaghetti dotcom” che hanno resistito in Borsa. A Piazza Affari oggi capitalizza 95 milioni.

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