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Questo articolo è stato pubblicato il 04 dicembre 2014 alle ore 07:09.
L'ultima modifica è del 04 dicembre 2014 alle ore 11:43.

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(Reuters)(Reuters)

Se le cose dovessero procedere di questo passo, sarà invitabile per il regime degli Ayatollah procedere a drastici tagli del budget, colpendo soprattutto i generosi sussidi concessi alla popolazione. Uno scenario capace di innescare pericolosi disordini.

Il disgelo Usa-Iran che irrita Riad
Ipotizzare che Riad, in difficoltà nei conflitti per procura in cui è impegnata, abbia deciso di ricorrere all'arma energetica non è da escludere. Anche perché era da tempo che i sauditi si lamentavano dei privilegi concessi al rivale iraniano. Quando, nel settembre del 2013, un mese dopo il massacro compiuto con armi chimiche alle porte di Damasco, il presidente americano Barack Obama decise di rinunciare al raid militare contro Addad, sposando la proposta russa di inviare ispettori e smantellare l'arsenale chimico del regime, la monarchia saudita manifestò la sua profonda irritazione. Lo sdegno si trasformò in rabbia quando, poche settimane dopo, avvenne lo storico disgelo tra Stati Uniti e Iran sul controverso dossier nucleare ( a Teheran veniva concessa una moratoria di sei mesi e potenzialmente scontati 7 miliardi di dollari di sanzioni). I sauditi reagirono rifiutando il seggio temporaneo in Consiglio di Sicurezza - il primo offerto al Paese dalla nascita delle Nazioni Unite - e manifestando il malcontento nei confronti degli Stati Uniti, di cui sono sempre stati il miglior alleato nel Golfo persico. Le storiche relazioni tra Washington e Riad sarebbero però migliorate. Tanto che oggi gli iraniani accusano Arabia e Stati Uniti di aver cospirato lasciando cadere i prezzi del greggio per metterli in difficoltà e punire la Russia – altro gigante dell'energia - del presidente Vladimir Putin .

Quanto può durare questo gioco?
Resta tuttavia un interrogativo. Permettendo al prezzo del greggio una caduta verticale i sauditi nuocciono a sé stessi, anche se in molto meno di quanto soffra Teheran. L'Arabia, che ricava dalle vendite di greggio l'85% del suo export in valore, dispone di enormi riserve in valuta straniera accumulate nel tempo, valutate a 741 miliardi di dollari. «Il 2013 si è concluso per i sauditi con un surplus di 56 miliardi di dollari - spiega al Sole 24 Ore l’analista Leonidas Drollas, veterano dei mercati energetici – ma secondo le mie stime nel 2014 si ridurrà a 33 miliardi. E se il prezzo del greggio si posizionasse su una media di 60 dollari, nel 2015 Riad si ritroverebbe con un deficit di 84 miliardi. Certo le riserve valutarie gli consentono di tamponarlo. Per Riad è una situazione sostenibile, ma certo non sul lungo termine».

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