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Questo articolo è stato pubblicato il 04 dicembre 2014 alle ore 08:40.
L'ultima modifica è del 04 dicembre 2014 alle ore 13:09.

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(Ap)(Ap)

NEW YORK - Ieri un poliziotto bianco, Daniel Pantaleo, è stato assolto da un Gran Giurì per aver ucciso a Staten Island lo scorso 17 luglio, un nero disarmato e innocuo, Eric Garner, 43 anni padre di sei figli.
A una settimana dagli episodi di Ferguson, la storia dell'intolleranza razziale americana si ripete, questa volta a New York, anzi a Staten Island, nel pomeriggio di ieri, quando abbiamo avuto la notizia che si è diffusa in un lampo.

E la città, che doveva festeggiare l'avvio della stagione natalizia con l'illuminazione gioiosa dell'albero di Natale al Rockefeller Center, è stata invece travolta dalla protesta. In serata abbiamo visto cortei di ogni genere in ogni angolo di Manhattan: la West Highway che porta al Bronx bloccata, i ponti bloccati, decine di persone sdraiate per terra alla Grand Central Station, cortei a Times Square e a Union Square, sit in a Columbus Circle. Non è Ferguson, perché ieri ci sono stati pochi arresti, quasi nessun vandalismo e la protesta almeno fino ad ora quando scriviamo è stata civile e pacifica. Lo aveva chiesto la famiglia di Eric, lo ha ripetuto Barack Obama: dimostrazioni sì, volenza no.

Ma ripercorriamo la scena del delitto.Questa volta è a New York, anzi a Staten Island, ma la dinamica è identica, persino peggiore di quella che portò alla morte di Michael Brown, perché se a Ferguson c'erano prove della provocazione del giovane nero contro l'agente Darren Wilson, se in quel caso c'erano i segni del suo attacco contro il poliziotto in macchina, in questo caso, c'è un video che mostra chiaramente l'abuso del potere, l'abuso del poliziotto bianco contro un uomo indifeso che non minaccia nessuno: Eric Garner, 43 anni, padre di sei figli.

La scena è stata ripresa da vari punti di vista da telefonini. Si vede Garner, in una strada di Staten Island, una strada di quartiere con negozi, circondato da quattro poliziotti. Il video è chiarissimo. Garner chiede di essere lasciato in pace: «Basta perseguitarmi, lasciatemi da solo, non vendevo niente, voglio essere lasciato in pace» dice Garner. Ma i poliziotti continuano a circondarlo. L'accusano di aver venduto illegalmente alcune sigarette. In America siamo alla tolleranza zero: la polizia per una cosa così arresta. Garner è un colosso di 180 chili, ma è un gigante buono. Non è aggressivo, alza le mani, indossa shorts e una maglietta, non è armato. Ma i poliziotti partono all'attacco.

Uno di loro lo placca con una presa “a cravatta” mettendogli un braccio sotto il fianco, con l'altro gli stringe il collo per buttarlo a terra. Sono in quattro e ci riescono. Subito Garner dice: lasciatemi, non riesco a respirare. In effetti soffriva d'asma e di cuore, ma i poliziotti non lo sapevano. Lo stesso che lo aveva placcato gli schiaccia la testa per terra fino a quando non lo ammanettano. «Non posso respirare, non posso respirare» dice Garner. Sembra perdere conoscenza. I poliziotti cercano di capire cosa succede ma gli lasciano sempre le manette addosso, anche quando arriva l'ambulanza. E Garner muore così per strada in manette. L'autopsia stabilisce che la morte è per soffocamento e parla di “omicidio”. L'attacco con presa alla gola è illegale, le forze di polizia non possono più usarlo proprio per il rischio che presenta. Ma il poliziotto bianco lo usa lo stesso.

Si forma un Gran Giurì per decidere se incriminare Pantaleo. Partono le deposizioni, gli interrogatori. Ieri l'esito, identico a quello di Ferguson: Pantaleo non sarà processto per omicidio o negligenza. Ha fatto il suo dovere seguendo il manuale.
Mentre la città comincia a ribollire, parla Barack Obama: «Non è una cosa di oggi, è una cosa di una settimana fa, di un anno fa, di dieci, di 50 anni fa – dice Obama – non possiamo tollerare che vi siano giustizie diverse nel nostro paese». Poco dopo parla il segretario alla Giustizia Eric Holder, annuncia una inchiesta federale civile per capire se vi siano state violazioni dei diritti civili. «Ho un figlio che è stato poliziotto – dice Holder – so che la maggioranza del corpo respinge gli abusi».

Poi parla il sindaco di New York Bill DeBlasio. Doveva essere all'accensione dell'albero, ma cancella l'impegno. Ha una moglie afroamericana. C'è molta emotività personale in quello che e' successo: «Non potrei immaginare la morte di mio figlio Dante – ha detto in brevi dichiarazioni – eppure poteva toccare a lui».
Ormai in America è notte fonda. La protesta a New York è scemata. Ma il problema razziale resta esplosivo. Per una bizzarra coincidenza, Obama si è trovato a fare le sue dichiarazioni durante le celebrazioni di un'altra minoranza, quella degli indiani d'America: «tutte le minoranze - corregge il tiro - devono essere rispettate».

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