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Questo articolo è stato pubblicato il 05 dicembre 2014 alle ore 19:31.
L'ultima modifica è del 05 dicembre 2014 alle ore 20:36.

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Standard & Poor's ha abbassato il rating dell’Italia sul debito a lungo termine a BBB-, mentre il rating sul debito a breve passa da A-3 ad A-2. L'outlook sul rating a lungo termine passa a stabile. La decisione, spiega S&P in un comunicato, «riflette la debolezza ricorrente che vediamo nella performance del Pil reale e nominale dell'Italia, inclusa l'erosione della competitività, che sta minando la sostenibilità del suo debito pubblico». «Un forte aumento del debito, accompagnato da una crescita perennemente debole e bassa competitività, non è compatibile con un rating BBB, secondo i nostri criteri».

L’outlook stabile «riflette le nostre aspettative che il Governo implementi riforme strutturali e di bilancio in grado di migliorare la crescita», spiega l’agenzia. S&P ipotizza anche che la Bce guidata da Draghi continui a supportare la normalizzazione dell’inflazione in Italia e nei suoi partner chiave dell’Eurozona.

Le possibilità di un nuovo taglio...
In base ai nostri criteri, avvisa S&P, «potremmo abbassare i rating se dovessimo concludere che il governo non può implementare politiche per riportare la crescita economica e rafforzare le finanze pubbliche, portandoci a rivedere il nostro giudizio sull'efficacia istituzionale e di governance dell'Italia». Questo potrebbe avvenire se alcune delle rigidità dei mercati del lavoro, dei servizi e dei prodotti dell'Italia - che hanno frenato sin qui la crescita, persisteranno. Un rischio al rating è anche rappresentato da un deterioramento della performance di scambi commerciali del Paese, che è di recente migliorata, oltre che da una «significativa deviazione negativa dalla sua traiettoria attesa di budget».

...e quelle di una promozione
S&P potrebbe invece «considerare di aumentare il rating qualora il governo dovesse implementare appieno riforme dei mercati del lavoro, dei prodotti e dei servizi che portassero a un incremento sostenibile della crescita economica dell'Italia e mettessero il deficit e il debito su un traiettoria chiara al ribasso». Sul Jobs Act, il giudizio dell’agenzia di rating statunitense è positivo, anche se c’è il «rischio che la legislazione secondaria (i decreti attuativi, ndr) possa indebolire» la struttura della riforma.

La mina del debito pubblico: 2.256 miliardi nel 2017
La debolezza della crescita economica ha «minato le dinamiche del debito pubblico più di quanto non avessimo previsto nel rapporto del 6 giugno 2014», rilevano gli analisti di S&P. «In termini assoluti - scrivono - ora stimiamo che il debito pubblico italiano sarà pari a 2.256 miliardi di euro entro la fine del 2017, cioé 80 miliardi di euro in più (o il 4,9% del Pil previsto per il 2014) delle nostre stime di giugno». In termini percentuali, S&P prevede che il debito pubblico salirà dal 123,9% del 2014 al 127% del 2015 al 127,4% del 2016 per poi ridiscendere lievemente al 126,8% nel 2017.

Fonti del Governo: non è bocciatura
Il giudizio di S&P «non è una bocciatura del Jobs act, dicono che le riforme vanno bene ma bisogna andare più veloce». E' la valutazione di fonti di governo per le quali la cosa “positiva” è che l'agenzia di rating vede «elementi buoni nelle riforme ma non tali da compensare il debito e risvegliare a breve l'economia».

Alzato il rating dell’Irlanda
Standard & Poor's ha inoltre deciso di promuovere l'Irlanda portando il rating di lungo termine a «A» da «A-» e quello di breve termine a «A-1» da «A-2». L'outlook è «stabile», riflesso del miglioramento delle finanze del governo e della qualità degli asset nel sistema finanziario «contro i rischi prevalenti al ribasso associati alle prospettive di crescita incerte dei partner commerciali dell'Eurozona e un bilancio del governo irlandese ancora ricco di operazioni a debito». S&P si aspetta che il debito pubblico raggiunga il picco del 117% del Pil per poi scendere al 91,4% entro il 2017. Per l'anno in corso il deficit/Pil è visto al 3,7%. La disoccupazione continuerà a scendere fino al 9% entro il 2017, minimi del 2008. L'agenzia di rating ha inoltre rivisto le stime di crescita del Pil reale nel 2014-2016 a un +3,7% da un +2,7%.

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