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Questo articolo è stato pubblicato il 11 dicembre 2014 alle ore 06:37.
L'ultima modifica è del 11 dicembre 2014 alle ore 06:41.

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MILANO

Per la «tassa locale» si profila un rinvio al 2016. Dopo essere uscita dal cantiere della legge di stabilità, con l’ipotesi di un decreto ad hoc da approvare entro fine anno, la nuova tassa che avrebbe dovuto riordinare Imu e Tasi rischia ora di uscire anche dall’orizzonte temporale del prossimo anno: la prospettiva è emersa in una riunione che si è tenuta ieri pomeriggio a Palazzo Chigi, dove sulla riforma annunciata da settimane dallo stesso presidente del consiglio Matteo Renzi sembrano aver prevalso le resistenze di chi ne sottolinea le difficoltà di applicazione. Due gli ostacoli principali: prima di tutto, la difficoltà di far quadrare i conti dello scambio fra la «quota erariale» pagata da capannoni, alberghi e centri commerciali, che nel nuovo sistema sarebbe dovuta passare ai Comuni, e la statalizzazione dell’addizionale Irpef, che avrebbe compensato il bilancio centrale. In secondo luogo, parecchi problemi ha sollevato la costruzione del nuovo «canone unico», che avrebbe dovuto riunire le attuali tasse (o canoni, a seconda dei casi) sull’occupazione del suolo pubblico, l’imposta sulla pubblicità e i diritti sulle affissioni.

Il rinvio tout court della riforma, però, non cancella tutti i problemi. Oltre a proporre il bis del ginepraio da 200mila aliquote che ha caratterizzato quest’anno l’incrocio di Imu e Tasi, e che sta impegnando in questi giorni professionisti e contribuenti in vista del saldo in scadenza il 16 dicembre, la Tasi 2015 potrebbe offrire sorprese monstre, arrivando a chiedere all’abitazione principale fino al 6 per mille senza detrazioni. Un conto, questo, che arriverebbe a raddoppiare abbondantemente il massimo raggiunto dalla Tasi di quest’anno, a sua volta più cara dell’Imu 2012 per gli appartamenti medi e piccoli in sette città su dieci. Dopo le tante fatiche normative sudate pochi mesi fa per l’introduzione del nuovo tributo, infatti, la Tasi è stata accompagnata da un tetto massimo per l’abitazione principale al 2,5 per mille, con deroga fino al 3,3 per mille per i Comuni che con l’aliquota aggiuntiva finanziassero sconti per le case più piccole o le famiglie con redditi più leggeri. L’idea, quindi, è di riproporre anche per il prossimo anno questi limiti, che nel 2014 sono stati però finanziati con un aiuto statale da 625 milioni per consentire di far quadrare i conti ai Comuni. Oggi altri soldi per aiutare i sindaci non ci sono, per cui la replica della Tasi con aliquota vincolata si trasformerebbe in un taglio aggiuntivo da 625 milioni: in questo quadro, Milano perderebbe 89,4 milioni di euro, Napoli 37,2, Torino 36,7, Genova 27 milioni, Roma 22,6 e così via. L’unica alternativa, allo stato, sembra passare da un aumento dei tetti di aliquota, che anche senza arrivare al massimo del 6 per mille scritto oggi nella Gazzetta Ufficiale rappresenterebbe in ogni caso un aumento della pressione fiscale sui contribuenti. Per l’eterno effetto domino che caratterizza la finanza locale, a rischiare di più sarebbero ancora una volta i proprietari che abitano nei Comuni dove l’aliquota Imu è cresciuta di più fra 2012 e 2013.

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