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Questo articolo è stato pubblicato il 15 dicembre 2014 alle ore 19:04.
L'ultima modifica è del 15 dicembre 2014 alle ore 21:31.

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Nella foto l’app UberPop installata su uno smartphone (AP Photo)Nella foto l’app UberPop installata su uno smartphone (AP Photo)

Repressione francese contro UberPop. Mentre i tassisti erano in sciopero, il governo ha annunciato che la popolare app che mette in contatto diretto tramite smartphone conducenti non professionali e passeggeri sarà vietata in Francia dal primo gennaio 2015. L'annuncio del divieto, operativo con l'entrata in vigore della legge Thévenoud che regola il settore dei taxi, è arrivato da Pierre-Henry Brandet, portavoce del ministro dell'Interno francese.

Brandet ha confermato che «assolutamente» l'applicazione sarà vietata a breve. «La legge votata e approvata sulla regolamentazione della professione per taxi e per il noleggio auto con conducente, che entrerà in vigore il primo gennaio, è ancora più stringente». La normativa prevede fino a due anni di carcere e 300mila euro di multa. Soltanto venerdì la sentenza di un tribunale parigino aveva concesso tempo a Uber in vista della nuova legislazione, ma sembra che invece le cose non si mettano per il meglio.

Da lunedì mattina, intanto, centinaia di tassisti si sono dati appuntamento davanti agli aeroporti di Roissy-Charles de Gaulle e di Orly per un’«operazione lumaca», dirigendosi verso Parigi a passo d’uomo per bloccare le principali strade in direzione della capitale francese contro il servizio che costituisce secondo loro una forma di «concorrenza sleale» e contro la decisione del tribunale del commercio francese che, venerdì scorso, aveva respinto il reclamo delle associazioni di tassisti che chiedevano di vietare Uber.

Dall’altra parte del mondo, mentre a Sydney decine di ostaggi erano bloccati in un caffè, scattava il meccanismo del surge che caratterizza Uber ed è gestito da un algoritmo. «Le tariffe del servizio sono aumentate per incoraggiare più autisti a farsi trovare on line per venire a prendere i passeggeri nella zona», giustificata l’azienda californiana. Risultato: sono stati proposti in media prezzi quattro volte superiori a quelli normalmente praticati.

Una decisione che ha scatenato l'indignazione del web. La mobilitazione on line ha spinto Uber a fare retromarcia, pubblicando poche ore dopo sul proprio sito un post in cui annunciava di essere «preoccupati per gli eventi di Sydney. Uber sta provvedendo a garantire corse gratuite per aiutare le persone a tornare a casa in sicurezza, i nostri pensieri sono con le persone coinvolte e con le forze di polizia». Non solo, «stiamo provvedendo a rimborsare» coloro che sono si trovati a pagare le tariffe più care, invitandoli a contattare l'indirizzo e-mail supportsydney@uber.com.

Nei giorni scorsi la popolare app, Uber fondata a San Francisco nel 2009 ha un valore di mercato (stimato) di 41 miliardi di euro ed opera in 45 Paesi e 200 città, ma è al centro di numerose proteste legate alle licenze in diversi Paesi e coinvolta in polemiche legate alla sicurezza del servizio. Uber è stato messo al bando in Brasile, con la motivazione che gli autisti non hanno una licenza adeguata, poi vietato in Spagna, dove un tribunale ha definito il servizio «concorrenza sleale» nei confronti dei tassisti, e infine in India, su decisione delle autorità di Nuova Delhi, in seguito alla denuncia di violenza sessuale di una donna che aveva prenotato il servizio dopo una cena con amici. Proteste e prese di posizione contro Uber si sono registrate anche in Messico e proprio ieri a Bruxelles. (Al.An.)

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