Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 17 dicembre 2014 alle ore 06:39.

My24

IPOTESI ABUSO D’UFFICIO

Sotto la lente l’ordinanza, firmata dal vice governatore Smeriglio, che ha disposto l’ampliamento dell’impianto gestito da Eco Italia 87

ROMA

Riesplode la bufera giudiziaria sul «sistema rifiuti» nel Lazio. E mentre la Procura di Roma ha citato come persone informate sui fatti il governatore Nicola Zingaretti e il suo vice, Massimiliano Smeriglio, i pm hanno aperto una nuova inchiesta sull’Ama, la municipalizzata capitolina che si occupa di igiene urbana. Alla base del nuovo fascicolo, in cui si ipotizza l’abuso d’ufficio, i due arbitrati che hanno consentito al ras dei rifiuti, Manlio Cerroni, di chiedere all’azienda pubblica il pagamento di complessivi 978 milioni di euro, così come deciso da un collegio arbitrale che si è avvalso di due consulenti tecnici molto vicini all’imprenditore.

L'indagine è di quelle esplosive. Due filoni differenti che si mischiano nei vasti accertamenti condotti dal procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, e dal sostituto Alberto Galanti. Perché il «sistema» venuto alla luce nel corso delle indagini dimostrerebbe l’esistenza di una presunta “lobby” «incancrenita» negli uffici regionali del Lazio, tesa a creare dei vantaggi imprenditoriali per Cerroni, soprannominato nelle intercettazioni “il Supremo”. Ma andiamo con ordine, partendo proprio dall’audizione del governatore Zingaretti e del vice Smeriglio. La loro posizione è al vaglio del pm Galanti in un fascicolo per abuso d’ufficio, in cui allo stato non risultano indagati, ma che riguarda un’ordinanza, ritenuta dai magistrati «in spregio alla normativa», con la quale ad agosto 2013 si dispose l’ampliamento del sesto invaso della discarica di Guidonia, gestita dalla Eco Italia 87, amministrata da Francesco Rando, fedelissimo di Cerroni.

L’atto in questione, stando ai riscontri, è a firma proprio di Smeriglio, così come delineato da un’informativa dei carabinieri del Noe (Nucleo operativo ecologico). Sotto la lente è finita tutta l’istruttoria amministrativa, predisposta dai dirigenti regionali Luca Fegatelli e Raniero De Filippis (entrambi indagati nell’inchiesta principale che a gennaio scorso portò a numerosi arresti) e, successivamente, firmata il 12 agosto 2013 da Smeriglio. L’atto è stato oggetto di analisi anche da parte del Tar Lazio, che - annullando tutto l’iter amministrativo relativo al sesto invaso - ha detto che il provvedimento è stato emesso senza che ricorressero i criteri previsti per questi atti «eccezionali e urgenti». Urgenza che, tra l’altro, è criticata ulteriormente anche dal gip di Roma, Massimo Battistini, nell’ordinanza d’arresto di gennaio scorso, con cui ha mandato ai domiciliari la presunta «cricca» dei rifiuti, capeggiata da Cerroni.

Il magistrato afferma che ad «agosto 2013, la stessa Regione Lazio (a firma del vice presidente Smeriglio) accordava alla Eco Italia ’87 srl, società del Gruppo Cerroni che gestisce la discarica dell’Inviolata a Guidonia, la possibilità di abbancare in discarica ulteriori 75mila metri cubi di rifiuti urbani indifferenziati “tal quale”, senza alcun trattamento, in spregio totale all’articolo 7 del Dlgs 36/2003 (in materia di discariche di rifiuti) e al principio della gerarchia dei rifiuti». Questo, conclude, «come sempre tramite il meccanismo della richiesta di misura delle “ordinanze contingibili e urgenti”».

Il secondo filone d’indagine, invece, riguarda i due arbitrati tra Ama e Colari, l’azienda di Cerroni che ha gestito la vecchia discarica di Malagrotta (al centro di una terza inchiesta giudiziaria). La vicenda è stata denunciata anche dal presidente della municipalizzata, Daniele Fortini, in un incontro con Pignatone il 13 aprile scorso. In particolare, il primo arbitrato stabilisce che Ama dovrà riconoscere a Colari 78 milioni per la gestione «post mortem» di Malagrotta. Il secondo, invece, riguarda un obbligo per Ama di utilizzo per 10 anni dei due Tmb (impianto di Trattamento meccanico biologico) di Malagrotta e, in alternativa, un risarcimento per 900 milioni. Con quest’ultimo arbitrato, inoltre, Colari chiede il risarcimento danni in quanto l’azienda pubblica non sottoscrisse il contratto messo a punto dall’ex ad, Salvatore Cappello, che prevedeva un esborso di 500 milioni di euro per dieci anni, mentre l’impianto di Malagrotta avrebbe chiuso nel giro di poco tempo. Stando agli accertamenti del sostituto Galanti, però, il collegio di arbitri si sarebbe avvalso di due consulenti tecnici che avrebbero avuto numerosi contatti di natura professionale con Cerroni. Un dato che ha spinto la Procura a ipotizzare il reato di abuso d’ufficio. Lo stesso Fortini, che ha preferito non rilasciare dichiarazioni in merito, nel corso dell’incontro di aprile scorso col procuratore di Roma precisò che «stiamo tutelando la nostra azienda dalle incredibili pretese risarcitorie del Gruppo Colari. Avevamo detto che lo avremmo fatto in qualunque sede ed è quello che stiamo facendo».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi