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Questo articolo è stato pubblicato il 27 dicembre 2014 alle ore 17:36.
L'ultima modifica è del 27 dicembre 2014 alle ore 18:10.

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Sarà anche vero che Beppe Grillo si prepara a prendersi una pausa dall'attività politica con un tour mondiale a marzo dagli Usa all’Europa, passando forse anche per l’Australia. Ma il leader M5s non sembra intenzionato a “mollare tutto” e ad abbandonare la sua creatura. Anzi, con il nuovo regolamento pubblicato sul blog lo scorso 23 dicembre, il potere di Grillo (ufficialmente “capo politico del M5s”) non è più solo un dato di fatto. È nero su bianco. Tanto che «uno non vale uno», lo slogan storico del Movimento, sembra ormai destinato a finire in soffitta, anche se Grillo dovrà rispettare le decisioni dell'assemblea degli iscritti per quanto riguarda temi come i programmi politici o la scelta dei candidati.

Nelle questioni interne al Movimento, il peso del fondatore del M5s risulta così forte da pesare almeno come quello di 17mila iscritti. Il dato emerge analizzando il regolamento messo appunto da Grillo con la Casaleggio associati. Il regolamento stabilisce infatti che sono rimessi all'assemblea degli iscritti mediante votazione in rete non solo i programmi politico-elettorali e la scelta dei candidati da presentare alle elezioni ma anche «qualsiasi altro argomento che venga sottoposto dal capo politico del Movimento 5 Stelle o da almeno un quinto degli iscritti». Non c'è un numero ufficiale aggiornato degli iscritti al M5s. L’ultimo dato disponibile risale alla votazione del 12 giugno 2014 indetta per decidere il gruppo al quale aderire al Parlamento di Strasburgo (nelle successive votazioni on line, come quelle per scegliere i membri del “direttorio” il numero degli aventi diritto non è stato pubblicato sul blog). In quell’occasione gli aventi diritto erano 87.656. Perciò la volontà di Grillo pesa come quella di poco più di 17mila persone (un quinto degli iscritti, appunto).

In realtà a leggere bene il regolamento emerge che il potere di Grillo è molto maggiore. Gli iscritti al Movimento 5 stelle infatti «non possono utilizzare il simbolo per iniziative e manifestazioni non espressamente autorizzate dal capo politico del Movimento 5 Stelle». Non solo. Gli iscritti non hanno più obbligatoriamente l'ultima parola in materia di espulsioni dal M5s. A decidere sulle espulsioni è direttamente il capo politico, ossia Grillo, che dispone la sospensione dell'iscritto per violazioni del regolamento o del “non statuto” del M5s. Solo in caso di divergenza tra Grillo e comitato d'appello (composto da Vito Crimi, Roberta Lombardi e Giancarlo Cancelleri – gli ultimi due scelti dagli iscritti on line, il primo designato da Grillo) al quale l'espulso può presentare ricorso, la parola finale spetterà agli iscritti.

E ancora. Il comitato di appello si staglia come organismo capace di depotenziare il peso degli iscritti non solo in materia di espulsioni, ma anche di modifiche al regolamento. Tutte le decisioni rimesse all'assemblea sono assunte a maggioranza dei votanti e sono valide indipendentemente dal numero dei votanti. Ma nel caso in cui il comitato d'appello abbia espresso parere contrario sulle proposte di modifica al regolamento, «l'approvazione delle proposte di modifica» richiede infatti «la maggioranza dei due terzi degli iscritti». Salvo che le proposte di modifica «non siano state proposte dal capo politico del Movimento 5 Stelle», i cui maggiori poteri spiccano anche in questo caso.

Dalla lettura del regolamento, insomma, il Movimento non sembra strutturarsi tanto in maniera orizzontale quanto piuttosto come una piramide al cui vertice c'è il “capo politico”, ossia Grillo. Mentre non trova spazio, almeno in questa sede, il cosiddetto “direttorio”, ossia la struttura di rappresentanza con cinque membri (Alessandro Di Battista, Luigi Di Maio, Roberto Fico, Carla Ruocco, Carlo Sibilia) designata da Grillo il 28 novembre «come riferimento più ampio del M5S in particolare sul territorio e in Parlamento».

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