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Questo articolo è stato pubblicato il 28 dicembre 2014 alle ore 08:10.

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Morya Longo con un’analisi di Walter Riolfi pagina 5

Dal dicembre 2011 ad oggi l’Italia ha aumentato il debito pubblico di 15,8 punti percentuali rispetto al Pil. Eppure il tasso medio annuo dei titoli di Stato è diminuito dal 3,61% del 2011 all’1,35% (minimo storico) del 2014. Nei giorni scorsi addirittura i rendimenti dei BoT sono scesi sotto zero: cresce il debito pubblico, ma i titoli di Stato italiani diventano sempre più ricercati. E non sono gli unici. Lo scorso ottobre Bank of America calcolava infatti che in Europa c’erano circa 450 miliardi di titoli di Stato con tassi d’interesse nominali sotto zero. E ora questo numero è ancora maggiore: dalla Francia alla Germania, dal Belgio all’Olanda, sono sei gli Stati europei che oggi possono vantarsi di farsi pagare per emettere debito.

Il mondo sembra girare alla rovescia: più uno Stato si indebita, più il mercato lo premia. E lo stesso vale per le aziende: più aumentano i debiti e meno l’economia cresce, più i loro bond vanno a ruba. Sembra follia, ma queste distorsioni sono il prodotto delle enormi iniezioni di liquidità da parte delle banche centrali. Iniezioni che hanno letteralmente drogato i mercati. Così ora che alla fiera del denaro facile dovrebbe partecipare anche la Bce (o almeno così il mercato crede), l’euforia su titoli di Stato, Borse e bond contagia anche l’Europa. Questo dà al mondo la sensazione che la situazione stia migliorando. Ma la realtà è ben diversa.

Il paradosso della stagnazione

Il mercato è convinto che nel 2015 la Bce inizierà a stampare denaro comprando titoli di Stato, con il meccanismo del «quantitative easing», per combattere disinflazione e stagnazione economica. Se la Bce acquista BTp, pensano gli investitori, è meglio anticiparla: per questo i rendimenti sui mercati scendono da mesi. Perché tutti comprano oggi, aspettando Draghi domani. I BoT sono finiti sotto zero in Italia anche per un altro motivo: dopo che la Bce ha erogato alle banche italiane più di 50 miliardi di euro con i finanziamenti Tltro, queste ultime li hanno parcheggiati - a «pagamento» - proprio sui Buoni ordinari del Tesoro. Morale: sia il veloce ribasso dei rendimenti, sia il paradosso dei tassi negativi per i BoT hanno motivazioni puramente tecniche. Legate alla Bce. Non sono dunque conseguenza di un miglioramento dell’Italia. Questo rende la Penisola (e l’Europa) vulnerabile: cosa accadrebbe infatti se la Bce non facesse nel 2015 quello che il mercato spera? O se lo facesse in maniera diversa?

In effetti sul cammino del «Quantitative easing» europeo ci sono non pochi ostacoli. Il primo potrebbe materializzarsi già domani, quando si terrà la terza votazione per l’elezione del presidente in Grecia. In caso di ennesima fumata nera, il Paese ellenico andrebbe a elezioni anticipate. In tal caso, il grande favorito sembra essere Syriza, partito che chiede la ristrutturazione del debito greco in mano alla Bce. Ovvio che questo potrebbe rappresentare un problema non indifferente per Mario Draghi: come potrebbe comprare titoli di Stato greci (pro quota, come prevede il quantitative easing) con il rischio che Atene chieda un giorno di ristrutturare proprio questi titoli? Il rischio è che alla fine la Bce possa non arrivare a questa manovra ultra-espansiva, oppure che ci arrivi con così tanti vincoli da renderla ben poco efficace.

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