Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 28 dicembre 2014 alle ore 08:10.

My24

Anche per questo il mercato ha paura di Syriza. E anzi spera che la stagnazione economica e la disinflazione inducano la Bce a rompere gli indugi e a comprare titoli di Stato il prima possibile. Eppure, a ben vedere, questo atteggiamento è frutto esso stesso di una gigantesca distorsione della realtà da parte degli investitori. Il partito greco di Alexis Tsipras, pur con toni da campagna elettorale, pone infatti sul tavolo un tema che ai mercati dovrebbe interessare: quello della sostenibilità del debito pubblico. Problema che riguarda la Grecia (dove il debito è al 175,5% del Pil), l’Italia (132,2%), ma anche Francia e Spagna (entrambe sempre più vicine al 100%). E che riguarda il mondo intero.

Mentre chi investe in titoli di Stato “tifa” per la stagnazione economica, affinché questa induca la Bce ad agire, nella realtà dovrebbe avere paura della mancanza di ripresa. Il motivo lo scrive la Bce nell’ultimo Financial stability report: «Un prolungato periodo di bassa crescita potrebbe minare la sostenibilità del debito». Insomma: gli investitori oggi comprano titoli di Stato e obbligazioni aziendali accontentandosi di tassi d’interesse sempre più bassi perché scommettono sulla Bce, ma non pensano che proprio i motivi che potrebbero spingere la Bce ad agire sono quelli che dovrebbero indurli a non comprare i titoli di Stato più rischiosi. La stagnazione e la deflazione, oggi viste come “anticamera” del quantitative easing e dunque come qualcosa di positivo per i bond e i titoli di Stato, sono in realtà i principali nemici del nostro futuro. E di quello degli investitori.

Wall Street diventa sanguisuga

Anche i record continui della Borsa americana (quest’anno ne ha inanellati ben 52) sono in parte frutto di una gigantesca distorsione del mercato. È vero che l’America cresce velocemente, come dimostra l’ultimo dato sul Pil salito del 5%. È vero che le aziende macinano utili. Ma il rally di Wall Street va ben oltre i «fondamentali» ed è anch’esso “drogato” dalla liquidità pompata dalla Federal Reserve.

Uno dei motivi per cui Wall Street corre così veloce dipende dal fatto che le aziende Usa continuano a varare buyback: continuano cioè a ricomprare le proprie azioni in Borsa, facendole aumentare di valore. Nel 2014, stima Bloomberg, le aziende hanno speso 914 miliardi di dollari (il 95% dei loro utili) solo per distribuire dividendi o per comprare le proprie azioni in Borsa. Questa montagna di soldi non è finita in investimenti tecnologici, in ricerca e sviluppo o in aumenti salariali: ma a “gonfiare” la bolla di Wall Street. E con essa gli stipendi dei top manager. Molte aziende (per esempio la Apple) addirittura si indebitano per poter comprare azioni proprie sul mercato e per far felici gli investitori: perché - grazie alla Fed e all’abbondanza di liquidità - un’azienda come la Apple può permettersi di indebitarsi a un tasso d’interesse irrisorio dell’1%.

Così Wall Street corre e offre al mondo la percezione che la situazione in America sia ancora migliore. Ma in realtà tutti questi soldi spesi per “gonfiare” Wall Street vengono tolti all’economia reale, alla prosperità collettiva. La Borsa, in questo modo, invece di diventare il volano della la crescita ne diventa la sanguisuga. Così, tra tassi a zero in mezza Europa e Borse sui massimi (per non parlare delle mille altre distorsioni), il mondo finanziario si affaccia al 2015 con un certo ottimismo. Perché fin che c’è liquidità, c’è speranza. O, forse, allucinazione collettiva.

m.longo@ilsole24ore.com

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Shopping24

Dai nostri archivi