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Questo articolo è stato pubblicato il 29 dicembre 2014 alle ore 11:14.
L'ultima modifica è del 29 dicembre 2014 alle ore 14:29.

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Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi (Ansa)Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi (Ansa)

«Grazie alla straordinaria dedizione degli uomini e delle donne che hanno gestito il salvataggio del traghetto greco questa notte è stata evitata una vera e propria ecatombe del mare». Si apre con un pensiero alle vittime accertate (cinque in tutto) e all'apparato del soccorso in mare la tradizionale conferenza di fine anno in cui il presidente del Consiglio Matteo Renzi fa il bilancio dei suoi 10 mesi al governo. Nel 2014 «è avvenuta una rivoluzione, che è ancora in corso: nessuno può negare un cambiamento profondo, ma a me non basta cambiare il ritmo della politica, intendo cambiare l'umore degli italiani», segnati da sfiducia e pessimismo. Per Renzi «L'Italia è rimessa moto, ora la sfida nel 2015 è farla correre».

2015 anno decisivo, «se sbagliamo colpa mia»
«Meglio arroganti che disertori» e «se falliamo la colpa sarà tutta mia», sono alcune delle frasi con cui Renzi sintetizza lo spirito del suo governo, che intende «cambiare il ritmo» dell’Italia promuovendo un mutamento generale dei costumi, anche rivendicando l’approvazione di meno norme rispetto ai governi del passato («In Italia non mancano le leggi, le leggi ci sono», noi «abbiamo fatto riforme», toccando «i temi in profondità con passaggi storici come quello del lavoro). Una sfida difficile che vedrà nel 2015 «l’anno decisivo». «Se sbagliamo è colpa nostra, non ci sono alibi», aggiunge il presidente del Consiglio: «testa alta, spalle larghe e si va avanti», conclude.

Molte crisi aziendali risolte, l’Italia ce la può fare
«L'Italia ce la può fare», sottolinea il premier nel suo intervento iniziale, che cita come “casi risolti” le crisi aziendali di Meridiana, Termini Imerese, Terni, Taranto, e Piombino, «grandi e gravi crisi che negli ultimi 15 giorni si sono sbloccate, grazie all’impegno del governo e delle parti sociali, sindacati e imprese». In un altro passaggio, Renzi sottolinea che anche l’Europa «deve cambiare paradigma». In questo senso, «Il piano Junker è un primo passo ma non è certo sufficiente». Il punto, spiega nel corso del suo incontro con la stampa, è la possbilità di scomputate gli investimenti dal computo del Patto di Stabilità e crescirta, «una basttaglia storica» su cui l’Europa deciderà nel 2015 anche grazie al pressing italiano.

Jobs act e Pa, sia possibile mandare a casa i fannulloni
Incalzato sulla mancata estnsione della riforma del Jobs act al pubblico impiego, il premier ribadisce che la legge delega «non si occupa di regolamentare i rapporti di lavoro nel pubblico» perché in materia «c'è già un provvedimento all'esame del Parlamento, quindi non sarebbe stato corretto intervenire». «Andava cambiato il regime del lavoro privato, e ora possiamo dire “fatto!”», aggiunge Renzi, che spiega anche quelle che a suo parere dovrebbero essere le linee guida per i lavoratori pubblici: «La mia idea è che chi sbaglia nel Pubblico paghi. Per chi non lavora bene perché non è messo in condizione di farlo, la responsabilità va attribuita ai dirigenti. Ma per i cosiddetti fannulloni va messa la condizione di mandarli a casa». Tra i casi da risolvere, il presidente del Consiglio ricorda l’attuale difficoltà di licenziare i dipendenti pubblici assenteisti «in modo spesso vergognoso» o «che rubano lo stipendio e non solo quello».

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