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Questo articolo è stato pubblicato il 29 dicembre 2014 alle ore 16:02.
L'ultima modifica è del 29 dicembre 2014 alle ore 16:27.

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L'economia del Mezzogiorno registra la chiusura nei primi nove mesi di quest'anno di 88mila imprese con un saldo, non compensato dalle nuove nascite, negativo per 10mila imprese. E' uno dei dati che emerge dal rapporto redatto da Confindustria e Srm del gruppo IntesaSanpaolo sul check up dell'economia del Sud. Le imprese che restano vedono erodere il loro fatturato (-1,8%), la loro redditività (Roi ridotto di oltre 3 punti dal 2007) e i loro margini, anche per effetto dell'aumento della pressione fiscale: le imprese in perdita nel Mezzogiorno sono circa un terzo del totale, e il 5,5% di loro è in perdita dopo il pagamento delle imposte. Segno di margini sempre più esigui, ma anche di una pressione fiscale, soprattutto locale, sempre più opprimente: come certifica la Banca d'Italia.

Più in generale, il 2014 per il Mezzogiorno rappresenta l'anno peggiore dei sette anni di crisi a partire dal 2007. L'indice sintetico è sceso infatti a quota 434,2 da 444,7 del 2013. L'indice è calcolato come somma di importanti variabili macroeconomiche quali il Pil, gli investimenti fissi lordi, le imprese attive l'export e gli occupati.

Il dato stimato di quest'anno è il peggiore del settennato (la base è quota 500 del 2007) seguito dall'indice del 2013 e da quello del 2009 (448,4). Il non invidiabile primato è stato raggiunto per colpa di un Pil stimato in calo di oltre 51 miliardi in sette anni, di investimenti diminuiti di quasi 29 miliardi e di un numero di occupati scesi sotto i 6 milioni (-20%).

Quella del Mezzogiorno, secondo l'analisi di Confindustria-Srm, «oltre che una crisi economica e sociale, sembra essere sempre più una crisi di sfiducia, in cui le imprese non investono, i giovani se ne vanno, perfino le poche risorse pubbliche per investimenti non si riescono ad utilizzare: ad un anno dalla chiusura del ciclo di programmazione 2007-13, restano infatti ancora da erogare ben 14 miliardi di euro».

Segnali contrastanti vengono dalle esportazioni. Nel medio lungo periodo, infatti, l'export si conferma la principale variabile positiva dell'economia meridionale (+2,7% rispetto al dato pre-crisi del 2007) ma, nel complesso, anche questa variabile sta conoscendo negli ultimi mesi un preoccupante rallentamento per effetto del calo del prezzo del petrolio (che influenza una parte importante dell'export meridionale).

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