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Nella testa di Pegida. Chi è il leader tedesco anti-Islam

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Nella testa di Pegida. Chi è il leader tedesco anti-Islam

Lutz Bachmann (Afp)
Lutz Bachmann (Afp)

Il leader che emerge dalla piazza tedesca anti-Islam si chiama Lutz Bachmann, ha 41 anni, fra le altre cose fa il graphic designer. Non è esattamente un santerellino: alle spalle tre anni di prigione per una serie di furti in appartamento e qualche precedente per droga; lui risponde che il passato è passato e chi lo rivanga è un nemico politico che vuole screditare lui e il suo movimento Pegida, attivo a Dresda dall’ottobre scorso.

Il suo profilo, incluse certe foto su Twitter (qui il leader preoccupato per l’identità culturale dell’Occidente minacciato con maglietta si presume spiritosa) sembra uscito da un romanzo francese che racconta la rabbia di un pregiudicato in una società multietnica sull’orlo dell’esaurimento - i lavori nel curriculum, graphic designer, PR in una agenzia di pubbliche relazioni, venditore di salsicce al mercato di Natale di Dresda, sono inconvenienti di una flessibile e più spensierata contemporaneità.

Su The Observer, Michael Bittner, poeta e critico letterario, spiega invece perché Pegida nasce nella sua città natale, Dresda «l’unico posto al mondo in cui un pregiudicato (Bachmann) invita la gente a fare “una passeggiata notturna” e 20mila lo seguono (è accaduto il 22 dicembre ndr)». Bittner scrive di essere nato «nella più provinciale e ignorante delle grandi città tedesche» ma anche in quella in cui vi sono meno stranieri. Da dove nasce dunque questo gruppo che simpatizza per Vladimir Putin, oggi presidente russo un tempo agente del KGB proprio a Dresda, e si ispira agli Hooligans contro i Salafiti, cioè le manifestazioni anti-Islam per le strade di Colonia lo scorso ottobre? Lo scrittore oggi berlinese se lo spiega dicendo che Dresda, rasa al suolo durante la seconda Guerra mondiale, «si sente vittima della storia».

Pegida, che usa la nostalgia come molla (o a pensar male come strumento), della storia si fa beffe. Perché il leader quarantenne Bachmann grida in piazza «Wir sind das Volk» «Noi siamo il popolo», slogan delle pacifiche «Manifestazioni del Lunedì» contro la DDR e il governo della Germania dell’Est che portarono al crollo del Muro di Berlino. Pegida non ha paura di mischiare la lotta per l’Occidente con la simpatia per Putin, il dolore per l’annientamento durante la seconda guerra mondiale con lo slogan di libertà che venticinque anni fa riunì la Germania democratica.

I numeri confermano che non si tratta di ansia da accerchiamento ma di qualcosa di meno quantificabile: in Sassonia, land di cui Dresda è capitale, vivono 100mila stranieri, il 2,3 per cento della popolazione. A Berlino, città-land dove si stanno organizzando manifestazioni contro la xenofobia di Pegida, gli stranieri sono il 13,4 per cento del totale.

Bachmann ha stilato un manifesto in 19 punti: al contrario di altre sigle di destra nel resto d’Europa e della stessa Germania, Pegida focalizza la sua battaglia sull’identità culturale dell’Occidente, dichiara di voler proteggere la cultura giudaico-cristiana contro l’islamismo e l’estremismo religioso ma non è ostile a tutti i musulmani (in Germania ci sono tre milioni e mezzo di turchi, solo nel 2014 hanno chiesto asilo 200mila siriani in fuga ndr). Chi lo critica non crede a questa distinzione e lega Pegida a gruppi nazisti non solo perché il movimento è nemico delle politiche di immigrazione del governo e le regole per chi chiede asilo politico; ma soprattutto perché alcuni suoi componenti avrebbero partecipato a un’aggressione con dei coltelli a danno di un gruppo di giovani migranti sempre a Dresda.

Come un riflesso condizionato dal grande fantasma, parte della Germania, Berlino in prima fila, scende in piazza contro Patriotische Europäer Gegen die Islamisierung des Abendlandes (in inglese Patriotic Europeans Against the Islamisation of the Occident), movimento che nasce come campagna di opinione di estrema destra ma senza le tradizionali caratteristiche del partito.

Al contrario degli ottanta volti di statisti, politici, mondo della tv, del cinema e dello sport che rispondono alla campagna del quotidiano Bild in nome della tolleranza e contro le marce anti-immigrazione, Bachmann lavora alla pancia del Paese: un tedesco su otto dichiara che si unirebbe a una delle manifestazioni del lunedì indette dai patrioti europei in difesa dell’Occidente se arrivasse nella sua città.

Ma i tedeschi che non la pensano così - e sono di più - organizzano manifestazioni in molte grandi città e sul web fanno girare un hashtag: #niewieda, «never again» «mai più», slogan anti-nazista che in Germania si grida dalla fine della seconda guerra mondiale, un uso più appropriato di precedenti storici.


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