Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 08 gennaio 2015 alle ore 12:30.
L'ultima modifica è del 08 gennaio 2015 alle ore 17:27.

My24

Insomma , agli occhi dei clan e di diverse tribù sunnite, l'Isis aveva usurpato i potentati locali, rimpiazzandoli con un regime feroce e intollerante.

Condizioni di vita peggiorate
Non solo. Prima incuriosite, le popolazioni irachene sunnite, costrette a vivere sotto le leggi oscurantiste del Califfato, hanno via via compreso che le condizioni di vita stavano drasticamente peggiorando; dalla disoccupazione, alla mancanza dei beni di prima necessità, all'imposizione di tasse esorbitanti e ingiustificate. La loro vita, dunque, era divenuta molto difficile di quanto non lo fosse già prima. E la brutalità con cui i jihadisti hanno soffocato alcune piccole rivolte, ricorrendo a crudeli esecuzioni di massa, non ha fatto altro che accrescere il malcontento popolare.

Isis meno ricco per il crollo del petrolio
Anche il fronte finanziario dell'organizzazione terroristica più ricca del mondo si sta indebolendo. Grazie al contrabbando di petrolio e prodotti raffinati (circa due milioni di dollari al giorno), ai sequestri, ai furti, e ad altri operazioni illecite - il suo budget era stimato in due miliardi di dollari. I raid aerei americani hanno in parte distrutte le raffinerie mobili dell'organizzazione e altre sue strutture industriali, tra cui alcune fabbriche di armi. Lo Stato Islamico non disporrebbe più della tecnologia e delle attrezzature per mantenere gli attuali livelli produttivi di petrolio. A ciò si aggiunga l'inatteso impatto del crollo delle quotazioni del petrolio. Già costretto a dimezzare il valore del petrolio venduto in nero, oggi l'Isis si trova con il prezzo del greggio caduto in sei mesi da 115 a 50 dollari al barile. Quanto agli armamenti, solo con operazioni militari, e con la conquista di depostiti e caserme irachene, i jihadisti possono riarmare il loro arsenale. Ma in questo senso, l'ultimo successo risale ad agosto.

Jihadisti in calo
Infine le risorse umane, decisive per lo Stato islamico. I suoi seguaci in giro per il mondo, dal Canada all’Australia fino alla Francia, come dimostra la strage di ieri nella redazione del giornale satirico Charlie Hebdo, continuano a colpire vittime inermi. Ma l'impressionante flusso di aspiranti jihadisti stranieri, partiti dai paesi occidentali e non, per unirsi al Califfato , si è ridimensionato. E non solo a causa dei maggiori controlli dei Paesi occidentali, quanto, piuttosto, per il venir meno delle aspettative da parte degli aspiranti jihadisti stranieri. Lo Stato islamico aveva agito come un magnete, era – per così dire - il coronamento di un sogno a lungo coltivato dai seguaci dell'intolleranza religiosa. Solo dall'Europa ne erano partiti 3mila. Ma le sconfitte militari, l'incapacità di proseguire la sua offensiva, le difficoltà attuali, la riduzione dei fondi per pagare i salari dei combattenti e i centri di reclutamento, hanno smorzato l'entusiasmo.

Kobane, la Stalingrado dell’Isis
La mancata conquista della città siriana di Kobane, al confine con la Turchia, (oggi in buona parte ripresa dai curdi) è stata interpretata come la Stalingrado dell'Isis.
Nel mentre altri gruppi estremisti rivali che agiscono in Siria, come Jabat al Nusra, si stanno rafforzando ai danni dello Stato Islamico.
Insomma, lungi dall'essere sconfitto, l'Isis non sembra più aver la forza per espandere il suo Califfato, conquistare Baghdad e i ricchissimi pozzi petroliferi dell'Iraq centromeridionale, facendo precipitare nel caos il Golfo Persico. Anzi, la sua prossima battaglia – ben più dura – sarà quella di conservare un territorio che sembra destinato a ridursi.

Shopping24

Dai nostri archivi