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Questo articolo è stato pubblicato il 09 gennaio 2015 alle ore 07:35.
L'ultima modifica è del 09 gennaio 2015 alle ore 09:57.

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Con il fiato in gola, come ogni anno tra Natale e Capodanno, le regioni italiane e i ministeri responsabili di programmi finanziati con i fondi europei sono riusciti ad evitare di perdere a fine 2014 un paio di miliardi di euro della programmazione 2007-2013. Sulla base dei dati pubblicati giovedì sera dalla Presidenza del Consiglio sul sito dell'ormai ex Dipartimento per la Coesione, “soltanto tre programmi non hanno evitato il disimpegno automatico” delle risorse stanziate e non spese entro la fine dell'anno, per un totale di 51,4 milioni: Pon Reti e mobilità (ministero delle Infrastrutture) che perde 23,7 milioni, Por Fondo sociale di Bolzano (23,4 milioni) e il Poin Attrattori culturali (4,3 milioni). Una inezia rispetto al disastro che si prospettava solo a novembre.

Di questi, 32,3 milioni sono fondi europei veri e propri che dunque verranno “cancellati” dalla Commissione Ue. Gli altri fanno parte del cofinanziamento nazionale. Il sottosegretario alla presidenza Graziano Delrio, che ha la delega per i fondi europei, è giustamente soddisfatto del risultato a livello nazionale che ha evitato non solo una figuraccia al paese ma anche un danno economico rilevante in una fase in cui le risorse per gli investimenti pubblici scarseggiano. Le spese certificate per il periodo 2007-2013 sono pari al 70,7% delle risorse disponibili.

Ma il problema è stato solo rinviato: entro il 31 dicembre di quest'anno, infatti, i 52 programmi operativi regionali e nazionali dovranno riuscire a spendere e certificare alla Commissione europea i restanti 13,6 miliardi di euro, di cui più di 10 nelle regioni del Sud. In media più di un miliardo al mese. Dopo quella data non ci saranno prove d'appello: gli importi non certificati a Bruxelles andranno persi per sempre.

Per il 2014 la Commissione europea ha riconosciuto all'Italia l'eccezione al disimpegno automatico per i cosiddetti “grandi progetti”. Tra questi, come ha spiegato il sottosegretario Delrio, l'ampliamento delle banchine del porto di Taranto che i grandi operatori minacciavano di lasciare a vantaggio del Pireo, e il collegamento stradale Agrigento-Caltanissetta, un'opera che da sola assorbe circa 600 milioni di euro.

Non è la prima volta che accade ma «l'utilizzo ancora molto importante delle eccezioni per i grandi progetti – spiega una fonte comunitaria interpellata dal Sole 24 Ore - non ha fatto che trasferire il rischio al momento della chiusura, quando queste eccezioni non valgono più. Per questa ragione nel 2015 i programmi non dovranno solo coprire la loro tranche 2013, ma anche la parte delle tranche precedenti per cui hanno fatto appello alle eccezioni. Per di più – aggiunge la stessa fonte - dovranno certificare spese reali per coprire gli anticipi che la Commissione ha pagato all'inizio del periodo di programmazione».

Una sfida titanica per la Commissione, per il Governo e per le regioni. I rischi più alti riguardano i programmi regionali della Campania (che deve spendere 2,2 miliardi di cui 2 del Fesr, pari al 44,3% della dotazione complessiva) della Sicilia (1,9 miliardi Fesr pari al 43,5%), della Calabria 800 milioni Fesr, 40,3%). Ma quello messo peggio di tutti è il programma nazionale Reti e mobilità che otto anni dopo l'inizio del periodo di programmazione ha speso solo la metà del miliardo e 900 milioni assegnati.

La speranza di Delrio è che le azioni messe in moto, dall'Agenzia per la Coesione, operativa da qualche giorno, agli interventi per migliorare la capacità amministrativa (i cosiddetti Pra, Piani di rafforzamento amministrativo) imposti a ministeri e regioni, siano talmente efficaci da riuscire non solo a chiudere senza danni eccessivi la vecchia programmazione, ma a far partire con il piede giusto la 2014-2020 di cui nei prossimi giorni Bruxelles dovrebbe approvare i primi 12 programmi italiani.

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