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Questo articolo è stato pubblicato il 15 gennaio 2015 alle ore 15:27.
L'ultima modifica è del 15 gennaio 2015 alle ore 16:55.

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Fotogramma tratto da un video divulgato dal gruppo estremista islamico nigeriano Boko Haram (Afp)Fotogramma tratto da un video divulgato dal gruppo estremista islamico nigeriano Boko Haram (Afp)

Diecimila. Sono le vittime dei feroci attentati negli ultimi 18 mesi. Più di quante persone ha ucciso il virus dell'Ebola (8mila). Un milione e mezzo i rifugiati scampati dagli attacchi senza più un tetto sotto cui dormire, 51mila i chilometri quadrati controllati, un territorio più esteso della Svizzera. Oltre 600 le persone rapite, tra cui le 276 giovani studentesse portate via da una scuola lo scorso aprile nella città di Chibok. Migliaia le chiese date alle fiamme solo negli ultimi due anni. Bastano pochi numeri per descrivere, con brutale efficacia, il regno del terrore instaurato nel Nord Est della Nigeria dal gruppo fondamentalista islamico Boko Haram.

«Talebani d’Africa», dieci anni di crimini
Anno dopo anno i “Talebani d'Africa” hanno accresciuto il numero e la letalità dei loro attacchi. Lo sa bene Jonathan Goodluck, il presidente uscente della Nigeria in cerca di un nuovo mandato nelle prossime elezioni di febbraio. Quando fu confermato, nell'aprile 2011, sapeva di avere davanti un nemico insidioso. Probabilmente non lo immaginava così pericoloso e spietato. In verità sono più di dieci anni che il mondo assiste ai crimini efferati commessi dai “Talebani d'Africa”. Perché il movimento fu creato nel 2002 , a Maiduguri, dal carismatico leader Ustaz Mohammed Yusuf, ucciso poi dalle forze di sicurezza nigeriane nel luglio 2009. Fu probabilmente sua l'idea di trasferire la sede del movimento a Kanamma, nello Stato di Yobe. In questa arida regione, una delle più povere del Paese, venne così costituita una centrale operativa - denominata Afghanistan - usata per sferrare attacchi agli avamposti delle forze di polizia. Eppure fino ad allora erano stati episodi isolati, messi in ombra dalla crescente guerriglia nel Delta del Niger ad opera di quel gruppo di ribelli, il Mend, che nei periodi più bui era riuscito a bloccare metà della produzione nazionale di greggio.

«L'istruzione occidentale è un peccato»
Ma Boko Haram è un'altra cosa. È più spietato, fanatico, intransigente. Certamente meno incline al compromesso. La sua natura oltranzista, ostile al progresso, la si percepiva già dieci anni fa. D'altronde il nome scelto è emblematico: nella lingua locale, il dialetto Hausa, Boko Haram significa «l'istruzione occidentale è un peccato». I suoi seguaci si ispiravano al movimento dei talebani. Il loro obiettivo è rimasto immutato: la trasformazione di tutti i 36 Stati nigeriani in un califfato islamico in cui si applica una versione rigidissima della Sharia. Espellere tutti cristiani dal Paese, far terra bruciata di chiese e simboli “pagani”.

Boko Haram è nemico della Nigeria, dei cristiani, ma lo è anche dei musulmani, circa l'altra metà degli abitanti del più popoloso Paese d'Africa. È nemico di ogni forma di progresso che sia considerato, a suo avviso, contrario all'Islam. Yusuf nelle sue invettive arrivava a ripudiare diverse teorie divenute pilastro della scienza moderna perché contrarie all'Islam: come la teoria della Terra sferica o il darwinismo.

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