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Questo articolo è stato pubblicato il 15 aprile 2014 alle ore 10:44.

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L'attentato di ieri alla stazione degli autobus ha un alto valore simbolico. Non solo per il numero di vittime – oltre 70 - ma anche, e soprattutto perché ha colpito la capitale Abuja, il cuore della Nigeria. E perché è avvenuto in un periodo in cui il più popoloso Paese dell'Africa occupava le pagine dei media internazionali non per le sue storie di ordinaria violenza, bensì per motivi virtuosi.

Sono infatti passati solo otto giorni dallo storico sorpasso economico sul Sudafrica. Aggiornando i dati con cui si ricava il prodotto interno lordo - l'anno di riferimento è stato spostato dal 1990 al 2010 - proprio da Abuja il National Bureau of Statistcs ha corretto il Pil nazionale, facendolo salire a 453 miliardi di dollari nel 2012 e stimandolo a 510 miliardi per il 2014. Un aumento di quasi l'80%, che ha consegnato al gigante africano lo scettro di prima economia dell'Africa. Quasi a voler incoraggiare il nuovo volto della Nigeria, tra meno di tre settimane, dal 7 al 9 maggio, centinaia di investitori, economisti e uomini d'affari si daranno appuntamento ad Abuja per il World Economic Forum.

L'attentato di ieri è avvenuto in una stazione di autobus nel sobborgo di Nyanya, un quartiere multietnico a circa 12 km da Abuja dove convivono gruppi cristiani e musulmani. La deflagrazione, causata da una o due autobombe, è stata potentissima. I feriti sarebbero circa 130, diversi in gravi condizioni. Il bilancio delle vittime dunque destinato a salire.

Il principale sospettato è il gruppo estremista islamico Boko Haram. Il presidente della Nigeria Jonathan Goodluck non ha dubbi. «Abbiamo perso molte vite. Il problema dei Boko Haram è un capitolo molto brutto di questo nostro periodo di sviluppo –ha detto - ma vi prometto che è solo temporaneo e lo risolveremo al più presto».

La tormentata Nigeria resta un gigante dai piedi di argilla. Con un'economia dinamica e in espansione, è afflitto da e imprigionato da gravi contraddizioni. La prima emergenza resta la sicurezza. Non potrebbe essere altrimenti: solo nel 2014 Boko Haram ha ucciso almeno 1.500 persone, denuncia Amnesty International.

Boko Haram è una sigla divenuta ormai nota. L'ultima azione risale a venerdì scorso, quando, denunciano le autorità locali, in diversi attentati avrebbero ucciso oltre 200 persone nello Stato di Borno. Sempre Boko Haram è il principale sospettato per il rapimento, il 4 aprile, di due sacerdoti italiani, Gianantonio Allegri e Giampaolo Marta, e di una suora canadese, nel nord del Camerun.

Fondato nel 2002, a Maiduguri, dal carismatico Ustaz Mohammed Yusuf - ucciso poi dall'esercito nel 2009. – il movimento ha trasferito nel 2004 la sua centrale operativa a Kanamma , nello Stato di Yobe. Già allora era evidente la natura oltranzista dei talebani d'Africa, ostili al progresso. Il nome è emblematico: Boko Haram significa nel linguaggio hausa «l'istruzione occidentale è un peccato». I suoi seguaci si ispirano al movimento dei talebani. Il loro obiettivo è la trasformazione di tutti i 36 stati nigeriani (oggi 13 adottano la sharia) in un califfato islamico in cui si applica una versione rigidissima della sharia. Invocano l'espulsione di tutti cristiani, e non esitano a incendiare chiese o a fare strage di civili. Il 26 agosto del 2010 ricorsero all'arma per eccellenza usata dal network jihadista globale: i kamikaze. Un uomo bomba si fece esplodere davanti all'edificio dell'Onu ad Abuja, uccidendo 23 persone. Fu il primo attentato kamikaze in Nigeria. Il primo di una serie.

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