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Questo articolo è stato pubblicato il 16 gennaio 2015 alle ore 12:10.
L'ultima modifica è del 16 gennaio 2015 alle ore 22:02.

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Greta Ramelli e Vanessa Marzullo (Reuters)Greta Ramelli e Vanessa Marzullo (Reuters)

Sono stati cinque mesi «difficili», ma non c'è stata alcuna violenza od abuso. Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le due volontarie italiane di 20 e 21 anni sequestrate nel nord della Siria alla fine di luglio e rilasciate giovedì, hanno spiegato così agli inquirenti gli ultimi mesi. Le due ragazze ascoltate in contemporanea per oltre 5 ore dai magistrati e dagli investigatori dei carabinieri hanno riferito di aver avuto paura e di essere ancora provate. I pubblici ministeri hanno preferito sentire entrambe le giovani insieme proprio per dare coraggio. «Abbiamo sofferto, ma non ci hanno fatto del male. Bastava la situazione».

Le giovani cooperanti hanno anche spiegato di essere state tenute prigioniere da «persone che avevano sempre il volto coperto». In ogni caso le due volontarie si sono dette certe di aver cambiato più luoghi di detenzione. «In ogni caso sempre a nord della Siria, in zone poco distanti l'una dall'altra». Durante la loro prigionia, Greta e Vanessa, che hanno detto di non aver saputo nulla circa il pagamento di un riscatto per la loro liberazione, sono sempre state assieme. Hanno anche aggiunto: «Non siamo mai state minacciate direttamente di morte». Stando a quanto rivelato agli inquirenti, non ci sarebbe mai stato «un uso sistematico della violenza durante il loro sequestro».

Le ragazze sono state sentite dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e dai sostituti Sergio Colaiocco e Francesco Scavo. Gli inquirenti procedono per sequestro di persona con finalità di terrorismo. Al termine delle audizioni i verbali, come da prassi, sono stati secretati. La procura di Roma è titolare ad indagare su tutti gli episodi criminali ai danni di italiani che si trovano in zone di guerra.

Intanto continuano a rincorrersi conferme e smentite, anche tra gli stessi jihadisti, sul pagamento di un riscatto per la liberazione delle cooperanti italiane Vanessa Marzullo e Greta Ramelli. Un account Twitter riconducibile ai miliziani siriani del Fronte al-Nusra smentisce oggi che il gruppo, legato ad al-Qaeda, abbia ricevuto denaro dall'Italia. «Il motivo del loro arresto è che molti agenti dei servizi segreti occidentali entrano (in Siria, ndr) come operatori umanitari. Le due ragazze sono state prese e sono state interrogate. E poi sono state rilasciate», ha twittato Abu Khattab al-Shami, che si definisce un jihadista nella file di «al-Nusra di al-Qaeda del Jihad nella terra di al-Sham». Ieri invece un altro account legato ai ribelli anti-regime, @ekhateb88, scriveva che è stato pagato un riscatto di «12 milioni di dollari» per il rilascio di Greta e Vanessa.

«Siamo felici che Vanessa e Greta siano tornate vive e libere in Italia dopo una missione i cui contorni ci restano sostanzialmente sconosciuti e di cui non comprendiamo la portata. Ma attendiamo chiarimenti urgenti da parte del governo sull'ipotesi che sia stato pagato un riscatto. Che la liberazione di ostaggi in aree di crisi sia avvenuta dietro pagamento sotto governi di vario orientamento è purtroppo una realtà che immaginiamo». Lo dichiara in una nota Maurizio Gasparri (Fi), vicepresidente del Senato.

«Ciò non toglie che pagare i terroristi sia comunque sempre un tragico errore. Non c'è bisogno di riandare nella memoria storica italiana ai tempi del partito della fermezza che non accettò i ricatti delle Brigate Rosse durante il sequestro Moro. Bisogna chiarire che chi si reca in paesi a rischio, a maggior ragione fuori dalla conoscenza del governo sulle ragioni di questi viaggi, non può essere oggetto di trattative commerciali da parte del terrorismo. I soldi - sottolinea Gasparri - dobbiamo impiegarli per aumentare la sicurezza nelle nostre città, come chiesto ad esempio dal prefetto di Roma per presidiare gli obiettivi sensibili. Ci auguriamo che il governo possa smentire una pratica che deve cessare. E forse sarebbe meglio che il governo, invece di pagare riscatti ai terroristi, si impegnasse politicamente per porre fine al sequestro dei nostri marò da parte delle sedicenti autorità indiane».

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