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Questo articolo è stato pubblicato il 17 gennaio 2015 alle ore 18:58.
L'ultima modifica è del 17 gennaio 2015 alle ore 19:12.

La Banca Nazionale Svizzera (Bns) si difende a due giorni dalla decisione shock di rimuovere il tetto massimo di 1,2 franchi sull'euro, che ha sancito di fatto la parità fra le due divise.
Per farlo è uscito allo scoperto il presidente Thomas Jordan, che, intervistato da una testata svizzera in lingua tedesca (Neue Zuercher) e da una in lingua francese (Le Temps) ha spiegato che la decisione è stata presa all'unanimità.
«Prendiamo sempre tutte le decisioni insieme - ha sottolineato Jordan - dopo una discussione intensa, ovviamente». Jordan ha difeso in particolare la tempistica dell'annuncio, spiegando che se fosse stato anticipato troppo «avremmo aperto le porte alla speculazione».
I membri del consiglio della Bns avevano previsto le conseguenze della liberazione del cambio tra euro e franco sui mercati - si giustifica Jordan - ma non c'era altra scelta, anche perché «il franco è nettamente sopravvalutato rispetto al dollaro e all'euro», ha detto Jordan.
Così l'informazione è stata data solo mezz'ora prima dell'annuncio ufficiale al ministro dell'economia svizzero Johann Schneider-Ammann, mentre non è stata affatto informata Christine Lagarde, presidente del Fondo Monetario Internazionale.
«La mossa - ha commentato a caldo - non preoccupa, ma ci ha colto un po' di sorpresa». Le Borse hanno reagito complessivamente bene, legando la decisione della Bns ad un imminente annuncio della Bce sul 'quantitative easing'.
A questo proposito una prima finestra disponibile è l'appuntamento sui tassi del prossimo 22 gennaio.
Ha fatto eccezione invece la Borsa di Zurigo, che giovedì scorso ha perso oltre l'8,5%, come non succedeva da 25 anni, ed il giorno successivo ha lasciato sul campo un altro 6%.
Penalizzati i titoli dei grandi esportatori come Swatch (-16,35%) e Richemont (-15,5%), mentre il colosso del cioccolato Lindt (-5%) ha annunciato un maggior ricorso agli impianti produttivi fuori dalla Svizzera.
Ma i danni si contano anche all'estero. E' il caso delle città tedesche del Nord-Reno Westfalia, che si sono indebitate in valuta estera - soprattutto franchi - per 1,8 miliardi di euro e ora dovranno sborsare 900 milioni in più.
In Croazia circa 60mila persone hanno sottoscritto mutui in franchi per un totale di 3 miliardi di euro, mentre il Global Fund di Everest Capital si prepara a chiudere. Quanto ai cittadini svizzeri, si abitueranno ad espatriare per lo shopping, ma non in Italia, dove la benzina resta più cara.
A Basilea, invece, hanno raddoppiato le corse del tram numero 8, che, passato il ponte sul Reno, ferma proprio davanti ad un centro commerciale in suolo tedesco.
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