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Questo articolo è stato pubblicato il 19 gennaio 2015 alle ore 15:10.
L'ultima modifica è del 19 gennaio 2015 alle ore 20:56.

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Si entra nel vivo per la partita del Quirinale: domani mattina, alle 9, il premier incontrerà Silvio Berlusconi per un confronto in vista delle votazioni su legge elettorale e riforme e, soprattutto, dell'elezione del presidente del Repubblica. In casa Pd, è scontro aperto tra renziani e minoranza sulla nuova legge elettorale. Nel corso di un incontro con i senatori dem, il premier ha ricordato che le richieste della minoranza «sono state accolte: sulle soglie, l'alternanza di genere, le liste bloccate». Ora la legge elettorale «è più vicina alla proposta che feci durante le primarie per il sindaco d'Italia». Se ne può ancora discutere, ma la pratica, questo l’ultimatum di Renzi, deve essere chiusa «entro 48 ore».

Il nodo dei capilista bloccati
Visti i toni, è però difficile che si trovi un punto di convergenza condiviso. Tr i nodi da sciogliere ci sono i capilista bloccati, su cui il bersaniano Manuel Gotor ha presentato un emendamento e annunciato battaglia «se non ci saranno novità». In altre parole la minoranza intende «mantenere il punto», insistendo nel «no a un Parlamento di nominati. Siamo una trentina, in Aula vedremo». Parole nette, ribadite da Gotor anche nel corso di una conferenza stampa dei dissidenti, un vero e proprio strappo rispetto alla linea del segretario. Berlusconi, ha sottolineato Gotor, appoggia l’idea dei capolista bloccati «perchè dice: “tanto so che arriverò secondo o terzo, e quindi i miei saranno esclusivamente eletti dall'alto. Ma questa non è una trattativa, io la vedo come una svendita».

Gotor: no a trucchetti, vogliamo confronto
«Renzi oggi ha detto che tanto ci sono strumenti parlamentari che gli consentono di far votare la legge in 48 ore. Al netto di trucchi e trucchetti che offendono il Pd e la Costituzione noi ci aspettiamo un confronto», ha aggiunto Gotor sottolineando come altrimenti «si aprirebbe un'altra partita». I senatori della minoranza Pd che hanno presentato l’emendamento Gotor contro i capilista bloccati sono dunque decisi a non votare l'Italicum se la loro richiesta modifica dovesse essere respinta dall’Aula.

Quattro senatori dem ritirano la firma all’emendamento Gotor
In serata, dai dissidenti si sono sfilati i senatori Bruno Astorre, Vincenzo Cuomo, Carlo Lucherini e Maria Spilabotte. «Dopo l'assemblea del gruppo del Pd di oggi, spiega una nota congiunta, e compiute alcune valutazioni politiche sull'intervento del segretario Matteo Renzi, anche alla luce del fatto che il subemendamento 01.101 a prima firma Gotor non si limita a rivedere la parte riguardante i capolista bloccati ma riscrive nel complesso la legge elettorale, decidiamo di ritirare le nostre firme dal suddetto emendamento».

Renzi: no ai ricatti, non ci sono spazi per alternative
In questo scenario, non sembra esserci molto margine per una trattativa con i renziani. «Non ci sono spazi per soluzioni alternative rispetto alla legge che vi ho proposto - ha sottolineato anche il premier - che comunque rinvia tutto a domani in occasione di un nuovo incontro con i senatori, con l’invito ad «usare queste ore per evitare rotture». «O si vota o ci teniamo il Consultellum», ha ripetuto Renzi, che ha sottolineato più volte di non voler «accettare il ricatto di nessuno».

«Bene confronto ma decidere in 48 ore»
Per il premier, è ancora possibile «parlare della legge elettorale» ma «dobbiamo chiudere la discussione entro 48 ore». Insomma, non c’è più tempo per l’accademia e le osservazioni, perchè «sono otto anni che si parla di legge elettorale senza decidere». Il confronto non si svolgerà comunque nel corso dell’assemblea dei senatori dem di palazzo Madama: con loro, la riunione definitiva chiesta da Renzi è convocata per domani alle 12.

Zanda: voto finale comunque prima di elezioni per Qurinale
Nel frattempo, il capogruppo Luigi Zanda chiederà alla Coferenza dei capigruppo di spostare il voto sulla legge elettorale sempre pomeriggio di domani. In linea con il segretario, Zanda ha ribadito che i lavori del Senato sull'Italicum dovranno «terminare prima delle votazioni per l'elezione del Presidente della Repubblica». «Da un punto di vista di tecnica parlamentare - ha aggiunto - ai 44mila emendamenti della Lega terremo botta contro chi usa strumenti parlamentari con l'unico obiettivo di allungare i tempi».

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