Una mossa preventiva e coraggiosa, che lancia un allarme a tutta Eurolandia. La banca centrale danese ha tagliato ieri il costo del credito di 0,15 punti percentuali per difendere il cambio della corona sull’euro. Il tasso sui certificati di deposito, il più importante, è così calato al -0,20%, dal precedente -0,05%, scendendo ulteriormente in territorio negativo, mentre quello sui prestiti è sceso allo 0,05%, dal precedente 0,20 per cento.
Una mossa della Danmarks Nationalbank (Dnb) era attesa - anche se, come in genere avviene, dopo la riunione della Banca centrale europea e non prima - e potrebbe essere solo la prima: sono diversi gli analisti che ora prevedono un ulteriore taglio. Fa sicuramente aumentare le attese per il quantitative easing della Banca centrale europea.
La Dns ha infatti voluto difendere il cambio con l’euro che solo una mossa ampiamente espansiva della Bce potrebbe mettere sotto pressione. La corona danese è nell’Erm II - è l’unica valuta a farne parte oggi - e può quindi muoversi in un corridoio compreso tra 7,29252 e 7,62824 per un euro. Il livello di riferimento è 7,46038.Venerdì scorso l’euro aveva toccato quota 7,4290 corone, il minimo da giugno 2012, ma non sembrava che il sistema di cambio dovesse davvero entrare in tensione, a parte qualche movimento speculativo di alcuni hedge funds.
Il confronto con la Svizzera è ora inevitabile. Anche se la Dns, attraverso la portavoce Karsten Biltof ha giustamente segnalato le profonde differenze tra i due casi. Il paragone è però giustificato dal fatto che nell’immediato, la mossa della banca centrale danese non sembra aver avuto un grande successo, facendo riemergere come nel caso elvetico l’idea non certo nuova che le banche centrali abbiano ben pochi poteri sul mercato valutario. Nei minuti immediatamente successivi all’annuncio del taglio dei tassi, l’euro è salito fino a 7,4370 corone, ma è presto tornato intorno a 7,4345, il livello dell’apertura della seduta, un mero 0,07% in più rispetto al minimo della settimana scorsa. Occorrerà capire cosa davvero deciderà la Banca centrale europea e quali conseguenze ci saranno sul valutario per dare una valutazione definitiva dell’efficacia del taglio danese, ma al momento non sembra che gli investitori siano davvero impressionati.
È ora evidente, in ogni caso, che tutti i regimi di cambio rigidi e semirigidi sono sotto tensione. Il rialzo del dollaro da una parte e la flessione dell’euro dall’altra hanno aperto una fase nuova che sta spaventando soprattutto i banchieri centrali che hanno “perso potere”. Quando il tasso di cambio diventa - come nel caso danese e quello svizzero - un obiettivo di politica monetaio, il paese deve infatti rinunciare a controllare l’inflazione con la leva dei tassi o ad avere la libertà di movimento dei capitali. È l’”Impossibile trinità” che, come ricorda Stephen L. Jen di Slj Macro Partner potrebbe applicarsi anche alla stessa Unione monetaria: «I paesi di Eurolandia - spiega - sono obbligati a mantenere la libertà di movimento dei capitali e un tasso di cambio fisso (tra un paese e l’altro, attraverso la moneta comune, ndr), ma hanno perso il controllo sull’obiettivo di inflazione». Un problema che si manifesta con una dinamica dei prezzi diversa da paese a paese e che si sta trasformando in un incubo per i banchieri centrali di Francoforte.
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Cambio euro/franco (scala invertita)